L’ultimo rapporto di Global Energy Monitor rivede (al rialzo) le stime sulle emissioni di CH4 dai bacini carboniferi. Hanno ragione i rilievi satellitari recenti, la quantità di metano è più alta del previsto: 52 mln t anno contro i 45 del gas e i 39 del petrolio
Metà delle emissioni di metano da carbone al mondo ha origine nella provincia cinese di Shanxi
(Rinnovabili.it) – Le miniere di carbone producono più emissioni di metano delle attività di estrazione sia del petrolio che del gas. E sono molte di più di quanto abbiano stimato fino ad ora l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) e l’Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa). Sono 52 i milioni di tonnellate di CH4 emessi dal carbone ogni anno. Decisamente di più dei 39 milioni di tonnellate del petrolio. E anche più del gas, che arriva a 45 mln t l’anno.
Il peso delle emissioni di metano
Quanto pesa sul clima, questo volume di emissioni di metano? Il CH4 è un gas con potere climalterante 82,5 volte superiore a quello della CO2 nei primi 20 anni in cui resta in atmosfera. Ponderato su 20 anni, equivalgono a 4.320 mln t CO2, mentre se l’impatto è misurato su 100 anni si scende a 1.560 mln t CO2. In buona sostanza, questi 52 mln di t l’anno hanno un impatto sul clima di poco superiore a quello dell’anidride carbonica emessa in un anno da tutte le centrali a carbone attive oggi in Cina.
Cina che è in assoluto il maggior produttore di CH4 dal carbone. Nella sola provincia di Shanxi, infatti, le emissioni di metano dai bacini carboniferi arrivano a 13,1 mln t, praticamente come quelle di tutto il resto del mondo combinate (13,8 mln t).
Dati sottostimati
I dati arrivano da Global Energy Monitor, che ha ricalcolato i volumi di emissioni di metano per le principali fonti fossili nel rapporto “Bigger than Oil and Gas? Sizing Up Coal Mine Methane”. La metodologia si basa su uno strumento dell’ong, il Global Coal Mine Tracker, e sull’MC2M (Model for Calculating Coal Mine Methane), un modello scientifico messo a punto da alcune istituzioni pubbliche e private americane, inclusa l’Epa.
Il risultato? Conferma quello che dicono le nuove misurazioni satellitari degli ultimi mesi: finora le emissioni di metano dichiarate dagli Stati negli inventari nazionali sono state sottostimate.
Un doppio problema. Da un lato, questi dati orientano le politiche statali e gli obiettivi, che risultano quindi troppo blandi. Dall’altro lato, gli inventari nazionali sono la base di dati su cui si fonda l’Ipcc per elaborare gli scenari emissivi. Se sono in difetto, il tempo a disposizione prima di sforare il Paris Agreement è meno del previsto.
“Per rimanere i linea con la tabella di marcia dell’Iea per il Net Zero al 2030, le emissioni di metano delle miniere di carbone devono diminuire dell’11% ogni anno fino al 2030”, si legge nel rapporto. “Una riduzione di tale entità richiede una pianificazione proattiva e un attento controllo nella governance del clima, compresi piani di mitigazione e chiusure mirate, e un più rapido phase out della produzione di carbone”. Al contrario, oggi sono ancora decine i progetti di nuove miniere di carbone di prossima apertura. Se entrassero tutte in produzione, calcola il rapporto, le emissioni di metano crescerebbero del 21,6%.