Uno studio guidato dall’università dell’East Anglia sostiene che ci siano troppi fattori di incertezza nella valutazione dei benefici di questi ecosistemi per il clima. Le stime attuali quindi sono “inaffidabili”
Mangrovie, saline e altri ecosistemi blue carbon possono assorbire e stoccare la CO2
(Rinnovabili.it) – Calcolare quanta CO2 sono in grado di assorbire e stoccare mangrovie, saline, alghe e altri ambienti costieri è più complesso del previsto. Tanto che le stime sul ruolo degli ecosistemi blue carbon per il clima vanno considerate incerte e inaffidabili. Lo sostiene uno studio pubblicato oggi su Frontiers in Climate.
Finora, il ripristino di ecosistemi costieri è stato considerato uno degli ambiti più promettenti nell’ottica delle nature-based solutions, le soluzioni basate sulla natura con cui mitigare l’impatto del cambiamento climatico. Gli ecosistemi di carbonio blu, infatti, coprono solo l’1% circa del pianeta, ma secondo le stime correnti sarebbero responsabili di circa la metà della CO2 assorbita dagli oceani. Alcuni studi sostengono che queste aree potrebbero assorbire anidride carbonica anche 30 volte più velocemente delle foreste pluviali.
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Una nuova valutazione delle performance di queste aree costiere, condotto dall’università dell’East Anglia insieme al CNR francese e all’iniziativa OACIS della fondazione Principe Alberto II di Monaco, conclude che queste stime sono molto probabilmente gonfiate. Troppi i fattori di incertezza, tra cui l’alta variabilità dei tassi di sequestro del carbonio, la vulnerabilità in futuro al climate change, e i flussi di metano e di NOx. E questo vale sia se la strategia di mitigazione è la conservazione di questi ecosistemi, sia nel caso in cui si optasse per un’azione di ripristino di ambienti degradati.
“Abbiamo esaminato i processi coinvolti nella rimozione del carbonio e ci sono troppe incertezze. I benefici climatici attesi dal ripristino degli ecosistemi di carbonio blu potrebbero essere raggiunti, ma sembra più probabile che siano molto inferiori”, afferma Phil Williamson, primo autore dello studio. “Se si vuole ottenere un’ulteriore rimozione di carbonio, è necessario disporre di un habitat aggiuntivo e le possibilità di ripristino sono limitate. Molti di questi siti sono stati edificati per l’insediamento costiero, il turismo e lo sviluppo portuale”.
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