Rinnovabili • Crisi climatica: quanto costa il business as usual da qui al 2050 Rinnovabili • Crisi climatica: quanto costa il business as usual da qui al 2050

La crisi climatica ci costerà come 2 pandemie ogni anno

La stima di Oxfam e Swiss Re sui costi del cambiamento climatico sulle economie più avanzate. La pandemia ha fatto contrarre il PIL del 4,2% nel 2020. Senza un’azione incisiva sul clima, con un riscaldamento di 2,6°C la flessione sarà dell’8,5%

Crisi climatica: quanto costa il business as usual da qui al 2050
Foto di Jose Antonio Alba da Pixabay

Un dossier analizza i costi economici della crisi climatica

(Rinnovabili.it) – La crisi climatica fa meno paura di una pandemia ma può avere effetti molto più pesanti sulle economie avanzate. Motivo per cui i paesi del G7 non dovrebbero nascondere la testa sotto la sabbia e cambiare rotta sulle loro politiche climatiche. Lo sostiene Oxfam in un rapporto curato insieme a Swiss Re e intitolato “The economics of climate change: no action is not an option”.

La pandemia di coronavirus ha fatto contrarre le principali economie globali di poco più del 4%. Non affrontare la crisi climatica per tempo potrebbe costare molto caro. Quanto? Secondo il dossier, se il riscaldamento globale raggiunge la soglia di 2,6°C (comunque più bassa di quella prevista in base alle attuali politiche sul clima in vigore), la perdita di PIL per i paesi più industrializzati si può attestare all’8,5% annuo.

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In pratica, non fare nulla per il clima, nei prossimi 30 anni, significa condannarsi a patire l’equivalente di due pandemie ogni anno. “Con l’attuale traiettoria, il PIL globale potrebbe essere inferiore dell’11-14% entro la metà del secolo rispetto a un mondo senza cambiamenti climatici. La perdita secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sarebbe significativamente inferiore (circa il 4%)”, spiegano gli autori.

Per arrivare a queste stime, la compagnia di assicurazioni ha integrato le previsioni degli impatti diretti di fenomeni climatici estremi come siccità e alluvioni, che diventerebbero più intensi e frequenti, e gli effetti del riscaldamento globale su produttività agricola, salute umana e stress termico.

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Per Jerome Haegeli di Swiss Re, “il cambiamento climatico è il rischio numero uno a lungo termine per l’economia globale e restare dove siamo non è un’opzione: abbiamo bisogno di maggiori progressi da parte del G7. Ciò significa non solo l’obbligo di ridurre la CO2, ma anche aiutare i paesi in via di sviluppo, è estremamente importante”.