Finora il rallentamento è del 15%. Ma entro fine secolo potrebbe perdere ancora dal 34 al 45% della sua forza. Trainato dall’aumento del riscaldamento globale. Le conseguenze: clima più estremo in Europa e aumento del livello dei mari in USA
Da questo meccanismo oceanico dipende la corrente del Golfo
(Rinnovabili.it) – Il meccanismo oceanico che porta la calda corrente del Golfo a lambire la costa orientale degli Stati Uniti e l’Europa si sta spegnendo. Gli scienziati hanno lanciato da tempo l’allarme per le dinamiche del capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (AMOC), uno dei maggiori sistemi di circolazione oceanica che interessa tutto l’Atlantico e trasporta acqua più calda verso nord, in superficie, e riporta acqua fredda verso sud a una profondità maggiore. Ma nuove rilevazioni dicono che AMOC non è mai stato così debole negli ultimi mille anni.
I dati sono stati raccolti e pubblicati in un articolo apparso su Nature Geoscience. Oltre a fotografare l’esistente, gli autori spiegano che la tendenza al rallentamento continuerà anche nel prossimo futuro. Ed è correlata all’andamento del riscaldamento globale.
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Finora, AMOC ha rallentato del 15%. I ricercatori prevedono che il Gli scienziati prevedono che il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica si indebolirà ulteriormente se la colonnina di mercurio globale continuerà a salire. Entro la fine del secolo, calcolano, potrebbe perdere dal 34% al 45% della sua forza. E questo porterebbe la Terra ad un vero punto di svolta, visto che il sistema rischierebbe di diventare perennemente instabile.
Le conseguenze di un cambiamento di questo tipo sono molte e lavorano su scale temporali differenti. In Europa, questo si può tradurre in un aumento degli eventi climatici estremi, come gli uragani e le ondate di calore. Una corrente del Golfo più debole porterebbe ad un aumento del livello del mare sulla costa atlantica degli Stati Uniti.
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Ma si innescherebbero dei cambiamenti climatici permanenti e irreversibili, difficili da prevedere nel dettaglio. Tanto che uno dei coautori dello studio, Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research, sostiene che “le conseguenze di questo sono così enormi che anche una probabilità del 10% di innescare un guasto sarebbe un rischio inaccettabile”.