Johnson: gli impatti del clima sulla sicurezza sono “una questione di quando, non di se”. Macron vuole addirittura un inviato speciale dell’UNSC per la sicurezza climatica. Scettiche Russia e Cina
L’incontro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso il nesso tra cambiamento climatico e security
(Rinnovabili.it) – Il cambiamento climatico non è “roba verde per un gruppetto di persone che abbraccia gli alberi e mangia tofu, che c’entra nulla con la diplomazia e la politica internazionale”. Lo stato di salute del clima globale è una cosa seria. Anzi, di più: è una questione di sicurezza internazionale. Con lo stile diretto e pizzicante che lo contraddistingue, il premier britannico Boris Johnson ha aperto così i lavori dell’ultima riunione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Un meeting tutto dedicato al clima, che ha consacrato il binomio cambiamento climatico e sicurezza. L’accostamento non è certo nuovo, per decenni ci sono stati studi sulle conseguenze per la sicurezza internazionale causate dal climate change. Negli ultimi anni il tema ha iniziato a comparire nei documenti ufficiali di governi di tutto il mondo e di organizzazioni internazionali (ad esempio la NATO). Ma in modo non organico. La novità sta nella sede in cui questo legame è stato sancito, la più alta e prestigiosa della politica internazionale: l’ONU. Significa che il tentativo è di fare di questo nesso uno dei perni – forse il principale – dell’azione climatica globale.
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“Che ti piaccia o no, è una questione di quando, non se, il tuo paese e la tua gente dovranno affrontare questi impatti sulla sicurezza del cambiamento climatico”, ha detto Johnson in un altro passaggio del suo discorso. Arriva così a piena maturazione un processo di lungo periodo che ha avuto una accelerazione forse decisiva con l’elezione di Biden a Washington. Tra i primi atti del nuovo presidente l’allargamento dei poteri e delle competenze dell’inviato speciale per il clima, che adesso partecipa ai briefing di sicurezza di massimo livello e può trattare da pari a pari con il capo del Pentagono, della Cia e dell’Fbi.
Quali saranno le conseguenze dell’intreccio stretto fra sicurezza e cambiamento climatico, lo vedremo nei prossimi mesi e anni. Da un lato ci possiamo immaginare un’accelerazione dell’azione climatica, o almeno una scalata del tema clima nell’agenda di molti paesi. La sicurezza è pur sempre una priorità assoluta per i governi di ogni parte del globo. Dall’altro lato, non è certo un’operazione neutrale legare il clima e ‘security’. L’inglese distingue la sicurezza tra safety e security. La prima indica azioni nell’ambito della prevenzione, mentre la seconda si riferisce ad azioni in risposta a minacce in atto, concrete, e di alto livello (il terrorismo ad esempio, o la criminalità organizzata).
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Johnson ha arruolato anche il più blasonato naturalista vivente, David Attenborough, per sottolineare il messaggio. “Se continuiamo sul nostro percorso attuale, dovremo affrontare il collasso di tutto ciò che ci dà la nostra sicurezza: produzione di cibo, accesso all’acqua dolce, temperatura ambiente abitabile e catene alimentari oceaniche”, ha detto Attenborough in un intervento al meeting ONU. “E se il mondo naturale non è più in grado di supportare i nostri bisogni più elementari, allora gran parte del resto della civiltà crollerà rapidamente”, ha aggiunto.
Un Macron entusiasta ha rilanciato: creiamo la figura di un inviato del Consiglio di sicurezza ONU per la sicurezza climatica. Cina e Russia sono più caute. Mosca non reputa la sede ONU quella opportuna per discutere di cambiamento climatico e si chiede se il clima sia davvero individuabile come causa di conflitti (un tema estremamente dibattuto e controverso, anche a livello accademico). Pechino invece descrive il cambiamento climatico come un problema di sviluppo sostenibile, fissando così una cornice molto chiara dentro la quale il tema si può muovere. Né i russi né i cinesi evidentemente hanno molta voglia di sentirsi accusare di scatenare problemi in giro per il mondo perché inquinano.