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Anche parte dell’Italia tra le zone inabitabili entro il 2100 per i cambiamenti climatici

Uno studio tedesco mostra le conseguenze dei cambiamenti climatici entro il 2100. Molte aree - anche italiane - saranno rese inabitabili per fenomeni come siccità, eventi climatici estremi, innalzamento dei mari e ondate di calore.

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via Pixhere

di Rita Cantalino

(Rinnovabili.it) – I cambiamenti climatici potrebbero stravolgere molte aree del pianeta entro il 2100. Il quotidiano tedesco Berliner Morgenpost ha realizzato uno studio che mostra, in maniera interattiva, le trasformazioni che subiranno le diverse regioni del mondo. Ondate di calore, innalzamento dei mari, siccità, eventi climatici estremi avranno effetti diversi a seconda dei paesi, ma con i modelli climatici è possibile prevederli.

Divisa in zone di circa 12.000 chilometri quadrati, la piattaforma ipotizza gli stravolgimenti di aree in blocchi grandi quanto l’area di New York. La mappa mostra tutte quelle che, entro il 2100, saranno rese inabitabili a causa dei cambiamenti climatici.

I risultati forniti mostrano le trasformazioni ipotizzate con un aumento delle temperature tra i 2,5 e i 3 gradi entro la fine del secolo. Anche il nostro Paese potrebbe essere colpito. Molte aree saranno inabitabili, al punto che la scarsità d’acqua potrebbe ridurre la popolazione al 62% dei livelli attuali, cioè circa 39 milioni di persone. Altre conseguenze come ondate di calore letali o cicloni tropicali devastanti non dovrebbero invece colpire la regione europea.

Le previsioni adottate

Lo studio definisce i territori che diverranno “inabitabili”, misurando l’intensificarsi delle conseguenze dei cambiamenti climatici, senza considerare eventuali interventi antropici per mitigarne gli effetti. La piattaforma non tiene inoltre conto degli eventuali cambiamenti demografici, per cui anche i flussi di persone potenzialmente colpite sono solo ipotetici, e probabilmente al ribasso viste le attuali previsioni demografiche.

Le proiezioni elaborate tengono conto degli scenari delle conseguenze dei cambiamenti climatici entro il 2100 elaborati da Climate Action Tracker (CAT). I ricercatori hanno proiettato le attuali misure messe in atto dai governi, ritenendo che esse ci condurranno a un aumento di circa 2,7 gradi rispetto alle temperature preindustriali. 

Questo studio rende dunque visibili le conseguenze materiali con cui si scontrerà il nostro pianeta entro il 2100 se le politiche messe in campo per contrastare i cambiamenti climatici non dovessero essere intensificate. 

I fattori analizzati

Ondate di calore – Si tratta di una delle conseguenze più evidenti. Gli esseri umani sono in grado di sopportare una temperatura esterna superiore ai 40 gradi solo con livelli di umidità non troppo elevati. La sudorazione infatti ci rende in grado di abbassare la temperatura della superficie del nostro corpo, ma se c’è umidità questo effetto diminuisce. Già temperature che si attestano intorno ai 35 gradi, con tassi alti di umidità, possono essere letali.

Condizioni estreme che tuttavia si sono già verificate in due casi: Ras Al Kaimah negli Emirati Arabi Uniti o di Jacobabad in Pakistan. 

Gli studi sui cambiamenti climatici ipotizzano maggiori ondate di calore, in aree molto umide, entro il 2100. 

Siccità – Anche questo effetto è già sotto gli occhi di tutti, con il prosciugamento di molti laghi e fiumi. Le conseguenze, già in atto, possono essere la mancanza di acqua potabile e la mancanza di approvvigionamento alimentare. Anche in presenza di eventi climatici estremi come alluvioni o inondazioni, un terreno colpito da siccità non è più in grado di assorbire l’acqua, che si deposita sulla superficie per poi evaporare.

Le risorse idriche sono messe in pericolo anche da un altro fenomeno: il ritiro dei ghiacci. Le previsioni elaborate mostrano come il 25% della superficie terrestre potrebbe essere interessato, entro il 2100, da questo effetto dei cambiamenti climatici. Ci sono aree del mondo come in Asia e Africa in cui queste conseguenze sono già visibili ma in altre potrebbero arrivare presto. In Europa si prevede che potranno esserne colpite 147 milioni di persone, senza considerare il probabile incremento demografico che interverrà nel frattempo. 

Innalzamento dei mari – I climatologi ipotizzano un innalzamento dei livelli dei mari di oltre mezzo metro entro il 2100 a causa dei cambiamenti climatici. La causa principale sarà lo scioglimento delle regioni ghiacciata di Antartico e Groenlandia. I mari si innalzeranno anche per effetto dell’aumento delle temperature medie e per la siccità: quando i suoli su cui poggiano fiumi e laghi non saranno in grado di trattenerla, l’acqua fluirà negli oceani. 

Secondo le proiezioni, entro la fine del millennio molte zone avranno un livello del mare tre volte superiore a quello normale. Mantenendo le attuali politiche contro i cambiamenti climatici, entro il 2100 le città costiere potranno abbassarsi fino a 2 centimetri. Molte aree saranno abitabili solo con importanti interventi tecnici come sistemi di pompaggio o dighe. 

Il Relative Sea Level Rise è un indice che combina le previsioni di aumento del livello del mare con quelle di abbassamento dei suoli. Secondo questi dati, con un aumento di temperatura di circa 2,5 entro la fine del secolo, sarà raggiunto almeno un metro di aumento relativo del mare. Questi dati non tengono però conto di una serie di fattori che possono intervenire a peggiorare la situazione come correnti marine o condizioni geografiche. 

Eventi climatici estremi – Manifestazioni estreme come uragani si intensificheranno e potranno riguardare molte più aree di quelle attuali. Un tifone generalmente si muove lungo una costa con un’elevata velocità del vento dagli effetti distruttivi, che porta con sé inondazioni e precipitazioni. Queste ultime, insieme all’aumento del livello dei mari, potranno avere conseguenze disastrose. Non è detto che i cicloni tropicali diverranno di più, ma è altamente probabile che essi aumentino di intensità con l’aumento delle temperature. Più è calda l’acqua in cui si generano, infatti, più cresce la loro potenza e la loro resistenza. 

Entro il 2100 gli effetti dei cambiamenti climatici potranno rendere questi fenomeni maggiormente distruttivi. I cicloni forti, infatti, hanno una velocità di vento che può toccare i 118 km/h: in questo caso parliamo di uragani tropicali. Si generano a partire dall’evaporazione dell’acqua della superficie dell’oceano: questo fenomeno comincia quando l’acqua supera i 26 gradi. Si tratta di condizioni che normalmente si verificano soltanto ai tropici o nelle regioni subtropicali.