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Caldo estremo: i 49,6°C in Canada? Succederà ogni 10 anni

Uno studio su Nature Climate Change calcola la frequenza di un evento di caldo estremo assolutamente eccezionale come quello che ha investito la costa ovest di Canada e USA settentrionali a giugno 2021. Era impossibile negli anni ’50, oggi ha una probabilità di 1 ogni 200 anni, entro metà secolo si ripeterà ogni decennio

Caldo estremo: i 46,6°C in Canada? Succederà ogni 10 anni
crediti: By NASA Earth Observatory/Joshua Stevens – https://earthobservatory.nasa.gov/images/148506/exceptional-heat-hits-pacific-northwest, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=107121230

Il caldo estremo fece sfiorare i 50°C a Lytton in Canada

(Rinnovabili.it) – L’ondata di caldo estremo che investito il Pacific North West a giugno 2021 e ha riscritto tutti i record di temperatura era virtualmente impossibile senza il riscaldamento globale di origine antropica. Non solo quello di 150 anni fa, la seconda metà dell’800, cioè il periodo che la scienza del clima prende come riferimento base per l’epoca preindustriale. Anche nel clima degli anni ’50 del ‘900, un evento come quello che ha arrostito Canada e Stati Uniti per giorni era tecnicamente impossibile. Nel clima di oggi la frequenza di un’ondata del genere è di 1 volta ogni 200 anni. Ma in futuro crescerà, e anche in uno scenario di taglio moderato delle emissioni (con riscaldamento di 2°C), eventi di quella portata si potrebbero ripresentare ogni 10 anni già dal 2050.

È la conclusione a cui arriva uno studio realizzato dal Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University e pubblicato su Nature Climate Change. Studio che rianalizza i dati relativi al caldo estremo che ha fatto segnare il record assoluto per il Canada con i 49,6°C di Lytton e gli oltre 40°C a Seattle, Portland e altre città della costa ovest. E fa chiarezza sul ruolo specifico dei diversi fattori dietro l’evento, determinando così con più precisione le chance che si ripresenti in futuro.

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“È stato così estremo che si è tentati di applicare l’etichetta di ‘cigno nero’, un evento che non può essere previsto”, commenta Samuel Bartusek, dottorando presso il Lamont-Doherty Earth Observatory e prima firma dell’articolo. “Ma c’è un confine tra il totalmente imprevedibile, il plausibile e il totalmente atteso che è difficile da classificare. Lo definirei più un cigno grigio”.

Con qualche approssimazione, lo studio sostiene che due terzi della potenza dell’ondata di caldo estremo deriva da una sovrapposizione di fattori direttamente legati al climate change, tra cui temperature generalmente più elevate e terreni più secchi. La parte rimanente dipende da fenomeni più congiunturali, che hanno fatto sì che la bolla di caldo estremo sostasse sull’area per giorni e giorni. Anche questi fattori, definiti non-lineari, sono però probabilmente influenzati in qualche misura dalla crisi climatica.

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