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I cambiamenti climatici creeranno un mondo di migranti ambientali

L’allarme della World Bank: 140 milioni di persone saranno costrette ad abbandonare le proprie terre a causa di stress ambientali come la siccità e l’aumento dei livelli del mare

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Il nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni sotto la lente della World Bank

(Rinnovabili.it) – I cambiamenti climatici stravolgeranno la distribuzione demografica, creando un popolo di migranti ambientali. A sostenerlo stavolta non è un’agenzia delle nazioni Unite, un gruppo ambientalista o un’associazione umanitaria, bensì la Banca Mondiale (World Bank). Per la prima volta, infatti, l’istituto finanziario ha analizzato il nesso esistente tra impatti dei cambiamenti climatici, modelli di migrazione interna e quelli di sviluppo in tre regioni del mondo: Africa sahariana, Asia meridionale e America latina.

I risultati sono contenuti nel report Groundswell – Preparing for Internal Climate Migration e non promettono nulla di buono. Senza un’efficace strategia di lotta di adattamento e resilienza tra oggi e il 2050 saranno oltre 140 milioni le persone che abbandoneranno le proprie case, creando decine di “punti di crisi” e mettendo a rischio il processo di sviluppo.

 

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Fattori come l’aumento della siccità e del degrado del suolo, l’innalzamento dei livelli del mare e le inondazioni, possono dar vita a veri esodi di massa. Le tre regioni sopracitate ospitano oggi il 55 per cento della popolazione mondiale; secondo gli autori, gli effetti del climate change creeranno 86 milioni di sfollati solo nell’Africa sub-sahariana.

A questi “migranti climatici” si aggiungerebbero milioni di persone che si stanno già muovendo dal proprio Paese per ragioni economiche, sociali o politiche.

 

 

“La migrazione guidata dai cambiamenti climatici sarà una realtà, ma non deve necessariamente costituire una crisi, a patto però che agiamo ora e con coraggio“, spiega John Roome, senior director for climate change presso il gruppo della Banca Mondiale. Il rapporto caldeggia tre azioni chiave da intraprendere sia a livello nazionale che globale. Si parte ovviamente da un’accelerazione nelle politiche di riduzione dei gas serra. Ma è necessario anche – spiegano gli autori – che i governi incorporino la ‘migrazione climatica’ nella loro pianificazione nazionale dello sviluppo. Ultimo elemento, non per importanza, è necessario investire in dati e analisi per migliorare la comprensione delle tendenze e delle traiettorie interne alla migrazione climatica.

“Il numero di migranti climatici potrebbe essere ridotto di decine di milioni con un’azione globale per ridurre le emissioni di gas serra e con una pianificazione di sviluppo lungimirante. Abbiamo ancora un’opportunità per pianificare e agire contro le minacce emergenti dei cambiamenti climatici”.

 

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