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L’Europa vuole mettere al bando la pesca a strascico (ma non ovunque)

Il piano d’azione per la biodiversità marina bolla le reti che devastano i fondali come “tra le attività più diffuse e dannose per i fondali marini e gli habitat ad essi associati”

Pesca a strascico: UE, stop nelle aree marine protette
Foto di Waldemar su Unsplash

Il divieto di pesca a strascico scatterebbe dal 2030

(Rinnovabili.it) – Nel 2020 le navi da pesca hanno passato 2,5 milioni di ore a praticare la pesca a strascico nelle aree marine protette al largo delle coste europee. Nell’Atlantico nord-orientale circa il 79% del fondale marino vicino alla costa porta i segni delle reti, mentre questo si verifica in quasi metà (il 43%) del resto del fondale della piattaforma continentale. Numeri che allarmano. Così Bruxelles decide di correre ai ripari. Mettendo al bando questa pratica almeno nelle zone di tutela della biodiversità marina.

Stop pesca a strascico, i dettagli della bozza UE

È il contenuto dell’EU Action Plan to protect and restore marine ecosystems for sustainable and resilient fisheries, cioè il piano d’azione dell’Ue per ripristinare la diversità biologica dei mari europei. Secondo le anticipazioni del portale Euractiv, che ha visionato in anteprima la bozza del documento, la Commissione vorrebbe finalmente vietare l’uso di reti a strascico a partire dal 2030. Non ovunque però. Le zone vietate coinciderebbero solo con le aree marine protette, mentre la pratica resterebbe consentita altrove.

“La pesca con alcuni attrezzi mobili che toccano il fondo (pesca di fondo mobile), e in particolare la pesca a strascico, è tra le attività più diffuse e dannose per i fondali marini e gli habitat ad essi associati, con le zone più intensamente pescate che sono oggetto di pesca a strascico più di 10 volte all’anno”, recita il documento.

Si tratta di un passaggio delicato perché da tempo l’industria ittica del continente è sul piede di guerra in caso Bruxelles limiti la possibilità di pesca a strascico. Tuttavia, l’Ue sembra aver deciso di dare priorità alla tutela ambientale. Perlomeno sul 12% dei fondali europei, cioè quelli che rientrano nelle aree protette.

“Proteggere e ripristinare i mari e gli oceani europei è diventato più che mai essenziale per contrastare gli impatti dannosi della triplice crisi planetaria dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento sulle nostre economie e società, compreso il settore della pesca e le comunità costiere”, si legge nel piano d’azione.