Il report quadriennale State of the World’s Birds pubblicato dall’ong BirdLife fotografa lo stato di salute dell’avifauna. In Europa dal 1980 persi 600 milioni di individui. A livello globale, il driver principale è l’espansione dell’agricoltura e le pratiche sempre più intensive: impattano il 73% delle specie note
Solo il 6% dell’avifauna (circa 650 specie) ha popolazioni in crescita
(Rinnovabili.it) – Una specie di uccelli su otto oggi è a rischio estinzione, mentre ben la metà ha una popolazione in declino. È la combinazione di crisi climatica e azione dell’uomo a mettere a rischio l’avifauna. Un’agricoltura sempre più intensiva e in espansione mette pressione al 73% delle specie e costituisce la minaccia più grande. Subito dopo vengono la deforestazione, l’arrivo di specie invasive – in parte portate direttamente dall’uomo, in parte dal clima che cambia – e lo sfruttamento di altre risorse naturali.
La fotografia globale dello stato di salute dell’avifauna arriva dal report quadriennale State of the World’s Birds pubblicato dall’ong BirdLife. Secondo i dati dello IUCN, la più grande organizzazione conservazionista al mondo, il 49% delle specie mondiali di uccelli (5.412) hanno una popolazione in declino. Quelle stabili sono il 38% mentre solo il 6%, pari a 659 specie, sono in crescita.
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La fotografia ha differenze regionali anche marcate, ma i trend principali sono comuni a tutte le latitudini. Dal 1970 a oggi, in Nord America sono andati persi quasi 3 miliardi di individui, mentre in Europa il conto è più contenuto ma ugualmente drammatico: tra i 560 e i 620 milioni di individui, ma su un’area 5 volte più piccola. Per il vecchio continente, “i modelli di perdita sono simili a quelli del Nord America: i migratori a lunga distanza hanno avuto la peggio rispetto alle specie stanziali, mentre gli uccelli dei terreni agricoli hanno mostrato il declino più significativo”.
E in Europa un ruolo assolutamente centrale è giocato dalle pratiche agricole non rispettose di biodiversità e clima. È infatti l’avifauna campestre quella che patisce il declino più marcato: il 57% degli individui si stima sia perito a causa di maggior meccanizzazione, pesticidi, fertilizzanti e trasformazione di prati in terre agricole. Le specie montane, invece, si sono contratte del 10% dal 2002 e gli insettivori del 13% dal 1990 al 2015.
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