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Lotta alla pesca insostenibile: entro il 2025 sarà tutelato il 40% delle coste

L’iniziativa sull’overfishing ha un approccio a 360° alla tutela degli ecosistemi marini. Nel mirino anche inquinamento da plastica e uso eccessivo di fertilizzanti

Pesca insostenibile
Credits: awsloley da Pixabay

14 paesi si alleano contro la pesca insostenibile

(Rinnovabili.it) – Stop ai sussidi che portano all’overfishing. Più tutela per le acque nelle proprie zone economiche esclusive (Zee). E basta inquinamento marino dovuto alla plastica. Così 14 paesi hanno dichiarato guerra alla pesca insostenibile. Con un accordo che va a riempire il vuoto generato dall’assenza in materia di un trattato targato Onu.

Tra i paesi aderenti ci sono alcuni dei ‘big’ del settore come l’Indonesia, che è al secondo posto nella lista degli Stati responsabili per la maggior quantità di pescato al mondo, appena dietro la Cina. Ma ci sono anche nazioni che hanno un passato controverso di pesca insostenibile, come Giappone e Norvegia. Aderiscono all’iniziativa anche paesi con linee di costa molto estese, tra cui Australia, Canada, Cile e Messico, Stati insulari del pacifico come Fiji e Palau e nazioni africane come Namibia, Ghana, Kenya. Unico paese europeo presente è il Portogallo.

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Pochi di numero ma ‘pesanti’ per l’impatto complessivo. I 14 paesi firmatari, infatti, sono responsabili per il 40% delle coste mondiali. Quali gli impegni nel dettaglio? Prima di tutto una riduzione dei sussidi alla pesca che facilitano la sopravvivenza di pratiche di pesca insostenibile. Poi più controlli contro la pesca illegale e l’adozione di piani di pesca nazionali basati su pareri scientifici e non modellati sulle richieste dell’industria ittica.

E ancora: impegno a gestire le proprie Zee in modo pienamente sostenibile entro il 2025, spinta sull’economia circolare per ridurre il volume di plastica che finisce in mare e una revisione dei regolamenti sull’agricoltura per limitare la formazione di ‘zone morte’ in mare a causa dell’eccesso di fertilizzanti scaricato negli oceani.

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Dalla lista mancano però alcuni paesi chiave. Stati Uniti e Russia su tutti, per estensione costiera, e la Cina in quanto Stato col maggior volume di pescato annuo. Ma resta una buona base di partenza, tanto più che i firmatari cercheranno di allungare l’elenco degli aderenti nei prossimi mesi. Secondo Henrik Österblom, direttore scientifico dello Stockholm Resilience Center, l’iniziativa “mostra che i politici ascoltano la scienza. Ora hanno bisogno di agire. L’oceano non è troppo grande per fallire. Se non cambiamo rotta, le funzioni biofisiche chiave negli oceani potrebbero crollare. Tuttavia, solo il 2,6% dell’oceano ha l’elevato livello di protezione di cui ha bisogno”.