L’analisi 2020 del WWF mostra un calo medio di due terzi delle popolazioni animali avvenuto in meno di 50 anni, soprattutto a causa delle perdita di preziosi ecosistemi. E a pagarne le conseguenze è anche la salute umana
(Rinnovabili.it) – L’umanità dipende dalla natura sul fronte sanitario, alimentare ed economico. Eppure l’impegno per tutelare il suo prezioso patrimonio è del tutto inefficiente. Al contrario: il modo con cui produciamo cibo, energia e beni vari, sta distruggendo gli habitat di migliaia di specie. Basti pensare che in meno di 50 anni l’uomo, in maniera diretta o indiretta, ha provocato la perdita di due terzi delle popolazioni di animali selvatici. A ricordaci quanto stiamo rischiando è oggi il Living Planet Report 2020, il rapporto del WWF che monitora lo stato di salute della biodiversità mondiale.
“Negli ultimi 50 anni il nostro mondo è stato trasformato dall’esplosione del commercio globale, dei consumi e della crescita della popolazione umana, oltre che da un grandissimo incremento dell’urbanizzazione”, scrive il WWF nel report. “Queste tendenze di fondo stanno portando alla distruzione e al degrado della natura, nonché al sovrasfruttamento delle risorse naturali a un ritmo che non ha precedenti. Un pugno di paesi conserva la maggior parte delle ultime aree selvagge rimaste e il nostro mondo naturale si sta trasformando più rapidamente che mai”.
I risultati della relazione si basano sul Living Planet Index (LPI), fornito dalla Zoological Society of London (ZSL), che monitora l’abbondanza di fauna selvatica globale dal 1970 a oggi. Attualmente controlla 4.392 specie e 20.811 popolazioni. E spiega come la perdita e il degrado degli habitat legati alla produzione agricola, siano la prima causa del netto calo della fauna. Ovviamente non se la passa meglio la flora. Il rischio di estinzione delle piante è attualmente paragonabile a quello dei mammiferi e superiore a quello degli uccelli.
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Nella migliore delle ipotesi, spiegano gli scienziati, queste perdite impiegheranno decenni per invertire la rotta, mettendo a rischio una miriade di servizi ecosistemici da cui gli esseri umani dipendono.
La progressiva scomparsa di biodiversità sta minando la maggior parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, compresi quelli dedicati alla sicurezza alimentare. Non solo. Il declino della natura ha precisi impatti economici e sanitari. “La pandemia COVID-19 è una chiara manifestazione del nostro rapporto con la natura, ormai spezzato, ed evidenzia la profonda interconnessione tra la salute della popolazione umana e il pianeta”, scrive Marco Lambertini, direttore generale di WWF International, nella prefazione del Living Planet Report.
“Il Living Planet Report – afferma la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi –raccoglie l’ennesimo SOS lanciato dalla Natura che, questa volta, i leader mondiali che si riuniranno (virtualmente) tra pochi giorni per la 75a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non possono ignorare”.
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Nel tentativo di invertire la perdita di biodiversità, un consorzio che riunisce l’organizzazione ambientalista e più di 40 università, enti di conservazione e intergovernativi ha avviato la “Bending the Curve Initiative”. L’iniziativa promuove un nuovo modello per stabilizzare e invertire la perdita della natura.
Tra i cambiamenti necessari: rendere la produzione e il commercio alimentare più efficienti ed ecologicamente sostenibili, ridurre gli sprechi e favorire diete più sane e rispettose dell’ambiente. “Il modello Bending the Curve – continua Lambertini – fornisce una prova preziosa per poter sperare nel ripristino della natura capace di fornire alle generazioni attuali e future ciò di cui hanno bisogno”.