Una ricerca internazionale ha individuato 100 milioni di ettari nelle aree tropicali che potrebbero essere riforestati garantendo vantaggi sia ambientali che economici.
Buona parte della comunità scientifica vede nella riforestazione uno dei metodi più efficaci per limitare le emissioni di CO2 nell’atmosfera
(Rinnovabili.it) – Un gruppo internazionale di ricerca ha identificato 100 milioni di ettari di siti tropicali in tutto il mondo che presentano le migliori caratteristiche di riforestazione, sia ambientali che economiche, così da agire significativamente nel ridurre la quantità di CO2 nell’atmosfera, contenere il riscaldamento globale e offrire nuovi habitat per fauna e flora selvatica a rischio.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances e combina immagini satellitari ad alta risoluzione con i risultati di una recente ricerca incentrata su 4 benefici ambientali della riforestazione (biodiversità, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, sicurezza idrica) e 3 aspetti economico strategici dello sforzo di ripristino (costo, rischio d’investimento e probabilità di ripristino delle foreste nel futuro). I territori sono stati suddivisi in blocchi di 1 chilometro quadrato, dando priorità alle aree che hanno perso oltre il 10% dell’originaria copertura forestale.
Seguendo questa metodologia, i ricercatori hanno identificato alcuni hotspot, punti strategici in cui la riforestazione avrebbe i migliori coefficienti in termini ambientali e allo stesso tempo i minori rischi economici: i primi 15 Paesi con i più grandi hotspot di restauro sono stati trovati nelle zone forestali tropicali (3 nei Neotropici, 5 negli Afrotropici e 7 in Indo-Malesia e Australasia).
Le nazioni con gli hotspot più grandi per superficie sono il Brasile, l’Indonesia, l’India, il Madagscar e la Colombia, mentre il continente africano è quello a registrare le aree di ripristino con i più alti valori medi, tutte concentrate in 6 Paesi: Ruanda, Uganda, Burundi, Togo, Sud Sudan e Madagascar.
Quasi l’87% dei punti di ripristino del restauro sono stati trovati all’interno di hotspot di conservazione della biodiversità, aree che presentano alte concentrazioni di specie non reperibili altrove, ma che sono ad alto rischio di deforestazione.
Il 75% degli hotspot di restauro sono stati trovati in Paesi che hanno assunto impegni di restauro come parte della Bonn Challenge, uno sforzo globale per portare 150 milioni di ettari di terra disboscata e degradata nel mondo al ripristino entro il 2020 e 350 milioni di ettari entro il 2030.
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Nella maggior parte dei casi, gli hotspot di ripristino si sovrappongono a campi e pascoli attualmente utilizzati dagli agricoltori. Di conseguenza, lo studio dimostra che il ripristino delle foreste è più fattibile su terreni di scarso valore per la produzione agricola.
Secondo i ricercatori, comunque, riforestazione e coltivazione non sono necessariamente incompatibili: arricchire i pascoli con alberi, allestire colture come la coltivazione di caffè o di cacao al di sotto di una sorta di tettoia forestale sono alcune delle misure che potrebbero rilanciare entrambi gli aspetti di sfruttamento del suolo.
“Riforestare significa molto più del semplice piantare alberi – ha spiegato Robin Chazdon, tra i coordinatori dello studio – Rappresenta un impegno che comincia con la necessità di accordi reciprocamente vantaggiosi con coloro che attualmente utilizzano la terra e che si conclude quando le foreste tornano a ospitare la ricca diversità di vita animale e vegetale che le rende così preziose.”
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