Da 35 anni si discute della creazione di due aree protette per salvare l’ecosistema unico del polo sud. Nell’anno della COP 21, forse, qualcosa si muove
(Rinnovabili.it) – La sopravvivenza di esseri misteriosi e affascinanti come la balena e il calamaro gigante, insieme a quella di numerose specie di pesci e animali marini, può essere garantita solo tramite la creazione di due grandi aree protette nell’Oceano Antartico. Per questo gli attivisti per l’ambiente e la biodiversità sperano che il 34° meeting della CCAMLR, la Commissione per la conservazione delle risorse biologiche dell’Antartico, non si risolva con l’ennesimo fallimento.
Il vertice avrà luogo come sempre a Hobart, in Tasmania, nel corso delle prossime due settimane. In questa cornice, 25 delegazioni – in tutto circa 240 tra scienziati e responsabili politici di tutto il mondo – tenteranno di trovare una sintesi ad un lavoro diplomatico che ha più di tre decenni. Esperti mondiali esamineranno le attuali pratiche e prenderanno in considerazione nuove misure di conservazione e gestione degli ecosistemi marini nell’Oceano Antartico.
Fino ad oggi, sono stati fatti pochi progressi. La CCAMLR è un’organizzazione basata sul consenso: ciò non significa che tutti i membri della Commissione debbano necessariamente essere d’accordo su una proposta (è contemplata l’astensione), ma è necessario che nessuno si metta di traverso. È a causa dell’opposizione di Cina e Russia che, lo scorso anno, l’incontro si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto. Troppo interessate a sfruttare le opportunità di pesca selvaggia nei mari del polo sud, le due potenze hanno impedito la creazione di un santuario marino che avrebbe tutelato l’esistenza degli animali che abitano quelle zone.
L’Oceano Meridionale è la patria di oltre 10 mila specie uniche, tra cui la maggior parte dei pinguini, balene, uccelli marini, calamari giganti e baccalà australi. Questi ultimi, in particolare, sono l’obiettivo principale delle imprese di pesca che operano nella regione.
Al momento le proposte sono due: quella portata avanti da Stati Uniti e Nuova Zelanda e quella invece promossa da Australia, Francia e Unione europea. La prima propone l’interdizione ai pescherecci di 1,14 milioni di chilometri quadrati nel Mare di Ross, la seconda punta a creare un’area protetta di 946.998 nelle acque dell’Antartide orientale, senza tuttavia impedire del tutto l’ingresso alle navi. La decisione è attesa dal 2012, ma gli ultimi 4 incontri si sono conclusi con uno stallo. Nell’anno della COP 21, si spera che la coscienza di chi sta bloccando il processo decisionale sia meno inflessibile.