Il commercio internazionale (legale) sarà progressivamente chiuso per colpire anche il fenomeno del bracconaggio. Ma l'accordo non è vincolante e non convince fino in fondo
(Rinnovabili.it) – Il mercato legale dell’avorio deve essere progressivamente chiuso, non semplicemente regolato. È il succo dell’accordo raggiunto domenica dalle 182 nazioni riunite a Johannesburg nell’ambito della Convenzione sul traffico internazionale delle specie a rischio (Cites). La decisione è stata presentata come storica: in effetti per la prima volta nella storia è stato raggiunto un accordo di massima su questa controversa questione.
Secondo quanto deciso, gli Stati si impegnano a chiudere con misure progressive i mercati nazionali dell’avorio, invece di limitarsi a regolamentarli. Il traffico internazionale di avorio, invece, viene bandito definitivamente, anche se diversi paesi hanno inserito una clausola che permette la compravendita di manufatti antichi. Lo scopo, infatti, era dare un deciso giro di vite al commercio illegale di questo materiale, che rappresenta uno dei pericoli maggiori per la sopravvivenza degli elefanti africani.
Oltre 140mila elefanti sono stati uccisi dai bracconieri per l’avorio delle loro zanne tra il 2007 e il 2014, facendo crollare la popolazione totale di più di un terzo. Sono ritmi impressionanti: in pratica, in media i bracconieri catturano un elefante ogni 15 minuti.
Tuttavia questo accordo viene giudicato da molti osservatori troppo debole per ottenere dei risultati concreti. Da un lato, è vero che i canali legali dello smercio di avorio sono vettori dei traffici illegali, per cui ridurne progressivamente gli scambi può contribuire a mettere in difficoltà le reti criminali che se ne approfittano. Dall’altro lato, però, ciò non esclude affatto al possibilità che i network del bracconaggio internazionale si riorganizzino in fretta, continuando quasi indisturbati le loro attività.
Inoltre l’accordo raggiunto alla Cites ha carattere meramente volontario. E già si sono registrate le prime defezioni: il Giappone ha annunciato che non aderirà, perché secondo il delegato nipponico il mercato interno giapponese – uno dei più grandi al mondo – non sarebbe affatto un punto di smercio dell’avorio illegale. A sorpresa, invece, la Cina – altro grande mercato di approdo dell’avorio – ha appoggiato alcune delle misure più stringenti.