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Alaska: all’asta le riserve petrolifere del Rifugio artico

Il Bureau of Land Management mette in vendita le riserve di petrolio e gas della National Petroleum Reserve e, con esse, circa 1.6 milioni di ettari nell'area nord-occidentale dell'Alaska. A quanto sembra, però, è solo il primo passo per smantellare le protezioni dell'era Obama, che avevano esteso l'Arctic National Wildlife Refuge a 9,3 milioni di ettari.

Alaska
Credits: David Mark da Pixabay

Dopo gli sforzi dell’amministrazione Obama, gli USA fanno un passo indietro sulle protezioni in Alaska

 

(Rinnovabili.it) – Il governo USA mette in vendita l’Alaska. Si tratta di 1.6 milioni di ettari che verranno battuti all’asta per incentivare la sviluppo petrolifero del paese. Ma non solo, perché il Bureau of Land Management (BLM), l’agenzia del Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti che si occupa della gestione dei terreni pubblici, ha in programma di mettere a disposizione ancora altro suolo per il futuro sviluppo dell’area.

 

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L’annuncio è arrivato ieri, quando il BLM ha reso nota la vendita in leasing delle riserve di petrolio e gas nella National Petroleum Reserve in Alaska. L’asta, che si terrà il 15 dicembre, riguarderà i territori del lato occidentale del versante nord della regione, i medesimi attualmente all’interno del confine dell’Arctic National Wildlife Refuge. L’annuncio, però, sembra essere solo il primo passo di un più ampio piano dell’amministrazione Trump, il cui obiettivo è quello di annullare del tutto le protezioni che erano state poste dal governo Obama nel 2015, quando – dopo un furioso scontro con il Congresso, per la maggior parte composto da repubblicani – l’area del Rifugio artico era passata dai 5 ai 9,3 milioni di ettari. Già allora le grandi compagnie petrolifere, Shell in prima fila, avevano avanzato vibranti proteste, soprattutto considerando le stime della US Geological Survey, secondo cui la pianura costiera dell’Alaska, specie nella parte nord-occidentale, custodirebbe 10,3 miliardi di barili di petrolio recuperabili.

 

Con il consenso dei politici locali, che avevano visto nelle scelte della politica Obama un palese attacco politico contro l’Alaska, il BLM sta dunque avviando un progetto il cui scopo è reinserire i milioni di ettari attualmente sotto protezione all’interno dei limiti dell’area di sviluppo petrolifero. “Con i progressi nella tecnologia di perforazione è possibile sviluppare un nuovo piano che prevede un maggiore sviluppo economico, fornendo allo stesso tempo protezioni per risorse importanti”, ha affermato in una nota Chad Padgett, direttore dell’Alaska BLM.

 

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Tuttavia, rimane poco chiaro se tra le risorse importanti da proteggere siano contemplati i Caribou, rispetto ai quali l’attività di estrazione avrebbe gravi conseguenze, specie inerenti ai loro percorsi migratori, e le comunità indigene di nativi americani della regione, tra cui il popolo Gwich’n, che già ad agosto di quest’anno avevano depositato un’accusa contro il Dipartimento degli Interni per aver violato la Legge federale evitando di fornire le adeguate informazioni tecniche, scientifiche e ambientali su cui poggiavano le autorizzazioni concesse per le esplorazioni petrolifere nell’Arctic National Wildlife Refuge.