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Airgun, ecco cosa rischiano i nostri mari

Da Legambiente il dossier che mette nero su bianco la connessione tra lo spiaggiamento e le ricerche petrolifere attraverso airgun attive nell’area

 

Airgun, ecco cosa rischiano i nostri mari

 

(Rinnovabili.it) – L’utilizzo dell’airgun è stato il pomo della discordia (vero o pretestuoso) del ddl Ecoreati. Ma dopo la sua esclusione dal provvedimento sui delitti contro l’ambiente, la tensione e la preoccupazione rimangono alte, soprattutto vista la strada facilitata che oggi è stata costruita in Italia per l’industria degli idrocarburi. In attesa che il Governo mantenga davvero le promesse affrontando il tema in un altro provvedimento, Legambiente lancia la campagna #stopoilairgun. Questa mattina da Vasto (Ch), Goletta Verde ha presentato una nuova petizione indirizzata al Governo e alla maggioranza che lo sostiene (online su www.change.org/stopoilargun) affinché diano attuazione agli impegni presi in sede di dibattito parlamentare e a cui fino ad oggi non è stato dato seguito.

 

Cosa rischiamo con l’airgun?

La “Pistola ad aria” è una tecnica di ispezione dei fondali marini che prevede, ad intervalli molto ravvicinati fra loro, di sparare aria compressa nelle acque marine. Attraverso le onde riflesse è possibile estrarre dati sulla composizione del sottosuolo ma, di contro, il fortissimo rumore può provocare danni ed alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza. In tutti i casi finora censiti e raccolti in un dossier da Legambiente, è stata accertata la connessione tra lo spiaggiamento e le ricerche petrolifere attraverso airgun attive nell’area. E oggi grazie al nulla osta ambientale che, portando così concesso a ben 52 istanze di permesso di ricerca e prospezione – riguardanti tredici aree marine tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia – il pericolo è sempre più concreto.

 

“Partendo da questi presupposti – afferma Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – riteniamo fondamentale vietare l’utilizzo dell’airgun per uno scopo, quale quello della ricerca di petrolio o gas in mare, che non porta vantaggi alla collettività in termini economici, di conoscenza scientifica e ambientali, ma che è a favore esclusivamente delle compagnie che detengono i titoli e le concessioni minerarie”.

 

Per comprendere meglio i potenziali rischi derivanti dall’utilizzo intensivo dell’airgun va inoltre sottolineato che i diversi mari italiani rappresentano un importante hot spot di biodiversità, per questo ordine di mammiferi non solo per la presenza del “Santuario per i mammiferi marini Pelagos”, nato da un accordo internazionale tra Italia, Francia e Principato di Monaco e che è stata la prima area protetta al mondo dedicata alla protezione dei cetacei, ma anche per la ricchezza riscontrabile in altri distretti marini quali il Canale di Sicilia, lo Ionio ed il Mar Adriatico.