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Agricoltura: la PAC è una bomba per la biodiversità

Gli obiettivi ambientali inseriti nella politica agricola comune avrebbero dovuto promuovere la biodiversità. In realtà, la stanno distruggendo

Agricoltura la PAC è una bomba per la biodiversità

 

(Rinnovabili.it) – Se parola d’ordine della PAC – la politica agricola comune europea – per il periodo 2014-2020 era “biodiversità”, l’obiettivo non è stato raggiunto. La troppa flessibilità che le normative garantiscono agli Stati membri ha mantenuto gli standard ambientali del settore invariati, spesso peggiorando addirittura le cose.

Dopo la pubblicazione di studi molto critici, verso la fine del 2015, sul primo pilastro della PAC (sussidi diretti agli agricoltori), l’European Environmental Bureau (EEB) e BirdLife Europa hanno ora rivolto la loro attenzione al secondo pilastro (sviluppo rurale).

Le due Ong, ritengono che esso sia anche meno green rispetto alla PAC precedente (2007-2013). Sulla base delle loro calcoli, il 44% dei fondi per il secondo pilastro della PAC 2014-2020 (circa il 20% del bilancio totale) sono dedicati a strumenti per favorire la biodiversità.

Eppure, quasi un terzo di queste sovvenzioni per lo sviluppo rurale finiscono nelle zone protette da vincoli (comprese le regioni montuose), dove servono solo a finanziare l’aumento delle pratiche agricole a danno dell’ecosistema. Queste denunce sono contenute nello studio pubblicato dalle due organizzazioni.

 

Skylark Alauda arvensis is gathering nest material in its billLa ricerca analizza 19 stati membri dell’Ue scoprendo che 14 di loro hanno tagliato il loro finanziamento per misure ambientali nell’ambito del secondo pilastro della PAC.

«La qualità delle misure è stata sopravvalutata nel 79% dei casi», criticano gli autori del rapporto. Meno del 17% della superficie agricola dell’Unione europea è soggetto a misure che contribuiscono in modo significativo alla biodiversità.

Secondo l’European Environmental Bureau, la commissione Agricoltura del Parlamento europeo, avrebbe oscurato il ruolo della commissione Ambiente, così le misure stabilite non sono coerenti con la legislazione ambientale europea. In pratica, spiega EEB, i negoziati per il primo pilastro «si sono conclusi con il ritiro della direttiva sui pesticidi e della direttiva quadro sulle acque. Di conseguenza, la PAC smonta il principio ‘chi inquina paga’ a favore di un altro principio: ‘chi inquina viene pagato’».

Le ONG non sono sorprese che il secondo pilastro si sia rivelato altrettanto traballante: le fondamenta ecologiche del primo, che avrebbe dovuto sostenerlo, sono state minate.