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L’agricoltura intensiva ha distrutto un terzo delle terre coltivabili

Fertilizzanti azotati e scarsa rotazione delle colture hanno portato in 40 anni un drastico calo dei terreni fertili. L’agricoltura intensiva deve finire

L'agricoltura intensiva ha distrutto un terzo delle terre coltivabili

 

(Rinnovabili.it) – Un terzo dei terreni coltivabili del mondo, negli ultimi 40 anni, sono andati persi per sempre a causa dell’agricoltura intensiva. Sebbene la conservazione della terra sia fondamentale per rispondere alle esigenze di una popolazione globale che non vuole smettere di crescere, essa si sta progressivamente riducendo. Questo può significare soltanto una cosa: catastrofe umanitaria sempre più vicina.

È l’Università di Sheffield a tracciare il quadro di un mondo lanciato a tutta velocità verso un futuro di carestie, grandi migrazioni e tensioni geopolitiche da far impallidire quelle che oggi già viviamo.

Gli scienziati hanno pubblicato la loro ricerca proprio durante i negoziati sul cambiamento climatico iniziati il 30 novembre. Come sempre, il momento della Conferenza ONU sul clima è scelto da molti centri di ricerca per rilasciare studi che disegnano un avvenire sempre più inquietante.

Ci vogliono circa 500 anni – spiegano da Sheffield – per generare 2,5 cm di suolo coltivabile in condizioni agricole normali. Preservare questo particolare tipo di terreno è tra gli imperativi categorici della politica internazionale, se intende davvero gettare le basi di una strategia solida sull’agricoltura, che permetta di produrre abbastanza cibo per oltre 9 miliardi di persone entro il 2050.

 

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Il suolo viene degradato e distrutto rapidamente, ma si rinnova solo in ampi lassi temporali. Si parla di millenni, e «questo rappresenta una delle più grandi minacce globali per l’agricoltura», ha detto il professor Duncan Cameron, che insegna biologia alla Sheffield University. Cameron raccomanda che gli agricoltori si impegnino in una «agricoltura conservativa», che preveda una rotazione delle colture più frequente, il ripristino della materia organica e meno energia venga spesa nell’uso di fertilizzanti azotati. Allo stato attuale, l’agricoltura intensiva si basa sull’uso massiccio di questi concimi, alimentando un processo industriale impattante e insostenibile che consuma il 5% della produzione di gas naturale del mondo e il 2% della fornitura di energia annuale del mondo, dice il rapporto.

 

Tuttavia, una nuova narrativa sta cominciando a fare capolino nel dibattito pubblico: i crescenti successi dell’agroecologia hanno mosso perfino una special rapporteur dell’ONU a consigliare il ricorso sempre maggiore a queste pratiche per combattere il cambiamento climatico.