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Perché l’Africa non ha un piano sul cambiamento climatico?

Il continente nero subirà più degli altri il cambiamento climatico. Ma non ha idee per contrastarlo, a causa di politici inetti e scienziati supponenti

Perché l’Africa non ha un piano sul cambiamento climatico

 

(Rinnovabili.it) – L’Africa sarà il continente che più di tutti subirà le conseguenze del cambiamento climatico, eppure non sta facendo niente per prepararsi. Una nuova ricerca, coordinata dall’Overseas Development Institute (ODI) e dal Climate and Develpment Knowledge Network (CDKN), dimostra che i governi e le imprese in tutta l’Africa subsahariana non riescono a prendere in considerazione le informazioni sulle conseguenze climatiche a lungo termine nei loro investimenti e decisioni di pianificazione.

Lo studio ha riguardato Paesi come Zambia, Malawi, Ruanda, Ghana e Mozambico. La scarsa considerazione delle informazioni sul cambiamento climatico, in queste nazioni, potrebbe rendere le società, in futuro, estremamente vulnerabili a siccità, alluvioni, temperature elevate o innalzamenti del livello del mare.

 

Ma perché decisori politici sono così ciechi nei confronti del clima? Lo studio se lo è chiesto, e ha trovato la risposta: innanzitutto, i governi sono tutti presi da altre sfide, come eliminare la povertà e promuovere l’accesso all’istruzione primaria e secondaria. Si tratta di questioni estremamente pressanti, che costringono i politici a pensare e ad agire con orizzonti piuttosto limitati.

In secondo luogo, gli impegni climatici a lungo termine spesso mal si adattano al trasferimento nei contesti economici locali dell’Africa sub-sahariana, tutti tesi al profitto immediato (è il caso della deforestazione per l’olio di palma) nella speranza di tornare a respirare.

Conoscere le ricadute di un aumento della temperatura media nel 2050, per la contea rurale di Nakuru, in Kenya, è di scarsa utilità pratica. Ai politici, però, potrebbe interessare sapere come le temperature influenzeranno la disponibilità di risorse idriche o il rendimento delle colture, colpendo la popolazione locale. Ma quello che alcuni decisori chiedono, spesso non è tecnicamente fattibile sul territorio, perché mancano le competenze o le risorse economiche.

 

A peggiorare la situazione vi è anche una mancata comunicazione tra i produttori e gli utilizzatori delle informazioni sul clima. Lo scollamento tra le due sfere, politica e scientifica, provoca l’immobilismo. Spesso, infatti, le informazioni trasferite dagli esperti ai responsabili politici è troppo tecnica e facile da fraintendere. Allo stesso modo, le esigenze decisori raramente vengono raccolte e soddisfatte dagli scienziati climatici.

Una soluzione proposta dal rapporto ODI potrebbe essere valida quanto utopica: i finanziamenti per i programmi legati al clima in Africa sub-sahariana, dicono i ricercatori, hanno bisogno di allontanarsi dai cicli di finanziamento a breve termine, da strutture e obiettivi rigidi. È necessario anche smettere di lasciare in mano ai donatori il potere di decidere dove vanno a finire i soldi, e muoversi verso partnership a lungo termine tra gli attori nazionali e internazionali.