Il clima sta già cambiando, aumentano i fenomeni meteorologici estremi e a soffrirne di più sono soprattutto le città
Adattamento climatico, la vera grande sfida italiana
(Rinnovabili.it) – La tragedia di Livorno, dove il maltempo ha causato otto morti, è l’ultimo campanello d’allarme di un’emergenza italiana per lo più abbandonata a se stessa. L’acutizzarsi dei fenomeni meteorologici estremi, sotto la spinta di un clima in costante mutamento, sta danneggiano gravemente territorio e salute dei cittadini. Dal 2010 alla fine di agosto di quest’anno 126 Comuni italiani hanno dovuto affrontare seri danni legati al maltempo. Nel dossier “Le città alla sfida del clima”, Legambiente conta 52 grandi allagamenti urbani da piogge intense, 98 casi di danni alle infrastrutture causati da piovaschi, 55 giorni di blackout elettrici e l’apertura, solo negli ultimi tre anni, di ben 56 stati d’emergenza per alluvioni e frane.
Se ai numeri dei danni strutturali uniamo quelli umani, il risultato si fa ancora più grave: negli ultimi sei anni sono oltre 145 le persone morte solo a causa delle inondazioni e oltre 40mila quelle evacuate. Senza una valida strategia di prevenzione è facile che il totale cresca nel tempo considerando che ben 7 milioni di italiani che ogni giorno vivono in aree a rischio idrogeologico.
“Sembra assurdo doverne riparlare ogni volta che accade una disgrazia, ma purtroppo ancora oggi manca una seria politica di riduzione del rischio – afferma la presidente di Legambiente Rossella Muroni – nonostante si sia cominciato a destinare risorse per far partire interventi prioritari di messa in sicurezza, l’avvio di una politica di prevenzione complessiva stenta a decollare”.
Il Piano di adattamento climatico
Uno degli strumenti su cui si giocherà la partita è il Piano di Adattamento climatico, il documento che identifica i territori italiani più vulnerabili agli impatti del clima e le azioni per farvi fronte. L’Europa ce l’ha chiesto da tempo, ma tra tavoli tecnici e consultazioni il Piano tarda ad arrivare. L’ultima versione identifica sei macroregioni climatiche e diciotto settori particolarmente vulnerabili ai mutamenti del clima: a seconda della sua area territoriale di appartenenza e del settore di riferimento, l’utente potrà indicare quali azioni tra quelle previste ritenga prioritarie, assegnando un livello di rilevanza a ciascuno dei nove criteri: efficacia, efficienza economica, esistenza di opportunità senza elementi di conflittualità con altri obiettivi di politica pubblica, esistenza di opportunità “win-win”, robustezza, flessibilità, percorribilità socio-istituzionale, multidimensionalità e urgenza.
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Alla strategia nazionale proposta da Roma, Legambiente suggerisce di unire anche la pianificazione di bacino e negli interventi di messa in sicurezza dei fiumi nelle aree urbane, introducendo il tema dell’adattamento nella progettazione, valutazione e gestione delle infrastrutture e approvando i piani di monitoraggio e tutela degli ecosistemi più delicati rispetto ai cambiamenti climatici.
Verso un centro meteo nazionale
Dal canto suo il governo cerca di passare la palla a città e Regioni. Partecipando a una riunione nella sede della Protezione civile il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha lanciato un appello agli amministratori locali e regionali: “Ai sindaci dico che devono pulire i tombini e i fiumi e mettere in sicurezza le città. Alle Regioni dico che devono spendere bene e in fretta i milioni che il governo ha messo loro a disposizione per il dissesto idrogeologico. Capisco che l’iter burocratico è lungo, ma devono fare uno sforzo eccezionale”. Il ministro ha anche annunciato l’intenzione di creare un sistema meteorologico nazionale con specifiche linee guida condivise che dia allo Stato un ruolo di coordinatore. “Oggi non è possibile, a causa della Costituzione che abbiamo, avere un centro meteo nazionale perché la meteorologia è affidata alle Regioni: sopravvivono venti sistemi meteorologici diversi […] Ci stiamo ponendo da tempo questo problema. C’è un emendamento presentato al Senato”.
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