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Se l’IPCC si dimentica della subsidenza

Uno studio pubblicato su Nature Climate Change corregge al rialzo le stime sull’aumento del livello delle acque del panel dell’ONU per le aree costiere

Subsidenza e innalzamento dei mari, la nuova mappa del rischio
Foto di 756crystal da Pixabay

La subsidenza rende l’innalzamento dei mari 4 volte maggiore

(Rinnovabili.it) – L’innalzamento del livello dei mari che tocca le comunità costiere è fino a 4 volte maggiore di quanto stimato dall’IPCC, il Panel intergovernativo dell’ONU sul cambiamento climatico che produce la sintesi più accreditata delle conoscenze scientifiche sul clima. Gli autori dei rapporti IPCC non hanno sbagliato i calcoli, però hanno sottostimato l’importanza di un altro fattore: la subsidenza.

A causa del fenomeno della subsidenza, molte aree costiere sono soggette a uno sprofondamento. I tassi più rapidi di subsidenza si hanno in corrispondenza dei delta dei fiumi e in particolare nelle città localizzate presso le foci. Qui infatti entrano in gioco fattori antropici rilevanti, come il pompaggio delle acque sotterranee, l’estrazione di petrolio e gas, la presenza di dighe a monte che limitano o impediscono il rinnovo dei sedimenti ,l’estrazione di sabbia o ancora l’estrazione mineraria.

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Secondo uno studio dell’università dell’East Anglia, innalzamento del livello dei mari e subsidenza vanno letti insieme per ottenere un quadro più realistico della situazione. E così i ricercatori hanno calcolato che gli abitanti delle zone costiere dovranno vedersela con un aumento del livello delle acque di 7,8 – 9,9 millimetri l’anno per i prossimi 20 anni. Un’enormità rispetto alla media globale, che l’IPCC fissa a 2,6 mm l’anno.

“Abbiamo scoperto che le popolazioni costiere vivono con un innalzamento del livello del mare da tre a quattro volte superiore alla media globale e che gli impatti dell’innalzamento del livello del mare che si verificano oggi sono molto maggiori rispetto ai numeri globali riportati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)”, spiega Robert Nicholls, prima firma dell’articolo apparso su Nature Climate Change.

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Circa il 58% della popolazione costiera a livello mondiale vive in aree soggette a subsidenza, notano gli autori dello studio. Per loro, l’adattamento è più urgente e i rischi connessi maggiori. Tra le regioni più in pericolo, si legge nello studio, c’è gran parte dell’Asia meridionale, orientale e sud-orientale.

“Affrontare la subsidenza indotta dall’uomo è importante a breve termine, in quanto è un adattamento costiero essenziale per proteggere le persone e le economie”, ha aggiunto Nicholls. Lo studio mostra come città come Tokyo, Shanghai e Bangkok siano riuscite a limitare o fermare la subsidenza nel 20° secolo riducendo i prelievi di acqua dal sottosuolo, e indica una gestione più accorta delle risorse idriche come via preferibile per affrontare il problema.