Il convegno organizzato da Acciona e da Althesys. A livello globale secondo le Nazioni Unite la mancanza d’acqua riguarda oggi 2 miliardi di persone. In mezzo secolo, il nostro Paese ha perso 5 miliardi di metri cubi d’acqua e affronta un rischio di desertificazione che cresce con continuità. In aiuto nella gestione idrica le tecnologie di dissalazione
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Rischio siccità per l’Italia. Senza acqua fino al 40% in meno a livello nazionale e al 90% per le aree del Meridione nel lungo periodo. Questo quanto emerge dal convegno ‘Dal mare l’acqua per resistere al climate change. Le opportunità della dissalazione e il riutilizzo delle acque in Italia’, organizzato da Acciona, la multinazionale spagnola leader in infrastrutture per la dissalazione, e da Althesys. A livello globale secondo le Nazioni Unite la mancanza d’acqua riguarda oggi 2 miliardi di persone. In mezzo secolo, il nostro Paese ha perso 5 miliardi di metri cubi d’acqua e affronta un rischio di desertificazione che cresce con continuità. Per questo un aiuto nella gestione idrica può essere quello offerto dalle tecnologie di dissalazione, che permettono di disporre di volumi significativi di acqua dolce partendo da quella marina o salmastra.
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“Il potenziale della dissalazione è enorme, ed è favorito anche – spiega Alessandro Marangoni, l’economista a capo di Althesys – dalla riduzione dei suoi costi e dalla possibilità di sfruttare le energie rinnovabili. Il crescente impatto dei cambiamenti climatici, che sta aggravando fenomeni siccitosi e di desertificazione in alcune regioni, ne favoriranno lo sviluppo nei prossimi anni anche in Italia”.
Negli ultimi anni i costi per questo tipo di impianti sono fortemente diminuiti, grazie al progresso tecnologico. I costi totali oggi sono compresi tra i 0,6 e gli 1,6 dollari per metro cubo, ma gli impianti più performanti riescono a scendere fino a 0,50 dollari per metro cubo. I costi caleranno ancora grazie all’innovazione tecnologica e alle competenze acquisite, che hanno permesso un’ottimizzazione dei processi di costruzione. La dissalazione può diventare – viene fatto presente – “una componente dell’intero ciclo idrico integrato, che permette l’equilibrio del sistema di approvvigionamento nel suo complesso”. Un fattore da tenere in considerazione sono le ricadute ambientali della dissalazione. I punti critici del processo sono gli elevati consumi energetici e lo smaltimento dei residui; su questo si stanno facendo significativi progressi. Il ricorso alle rinnovabili, in effetti, può costituire un punto di svolta, sia nel favorirne la sostenibilità, sia nel ridurne i costi operativi.
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Le rinnovabili oggi più usate per la dissalazione sono solare ed eolico. Di questi, il 40% usa il fotovoltaico, il 10% il solare termico, 20% l’eolico, mentre i rimanenti sono impianti ibridi che impiegano più fonti. Tra i punti fondamentali c’è quello dell’approvvigionamento idrico nelle isole minori per contribuire a fronteggiare la scarsità d’acqua. La produzione di acqua dissalata in Italia è oggi allo 0,1% del prelievo di acqua dolce. Lo sviluppo dei dissalatori come strumento anti siccità è stato finora “limitato ad impianti di dimensioni medio-piccole, che si trovano prevalentemente nelle isole minori di Sicilia, Toscana e Lazio. I principali ostacoli alla realizzazione sono costituiti dai lunghi processi di autorizzazione, da opposizioni sociali e interessi contrapposti. Per favorire lo sviluppo in Italia è necessario ridisegnare le politiche idriche, semplificando le autorizzazioni, rivedendo i modelli di realizzazione e gestione con un’unica regia, anche in vista del ricorso alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”.