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Sfruttamento falde acquifere, serve una gestione sostenibile

L’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee è diventato un problema troppo ingombrante per essere ignorato. Sono necessarie politiche e accordi socio-ecologici per gestire queste risorse e, dove possibile, ripristinarle

falde acquifere
Di BecksWookey Hole Cave and underground river, CC BY 2.0, Collegamento

Un terzo delle più grandi falde acquifere del mondo si sta prosciugando rapidamente 

(Rinnovabili.it) – Le acque sotterranee forniscono acqua dolce a metà della popolazione globale e sono fondamentali anche per l’agricoltura. Nonostante la loro importanza, circa un terzo delle più grandi falde acquifere del mondo si sta attualmente prosciugando e il 20% delle stesse viene sfruttato eccessivamente. I fattori di rischio per questa preziosa risorsa naturale sono svariati, ma i principali risultano essere l’aumento della popolazione, la mancanza di precipitazioni e le leggi promulgate e non rispettate. 

Per proteggere questa risorsa, sono necessari sistemi di monitoraggio e gestione che mettano in collegamento tutti i settori coinvolti nello sfruttamento delle falde acquifere. È in questa direzione che è stato condotto un progetto di ricerca dal gruppo Economia delle risorse idriche, ambientali e agricole (WEARE) presso il Dipartimento di Economia, Sociologia e Politica agricola dell’Università di Cordoba. Lo studio è partito dall’analisi di Fuencaliente, falda acquifera della provincia di Granada, storicamente iper sfruttata. Grazie ad alcune condizioni particolari, recentemente la falda ha iniziato a mostrare segni di recupero. L’obiettivo del progetto era identificare quali fossero queste condizioni per creare un modello gestionale e di buone pratiche da applicare altrove.

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Da Fuencaliente proviene una sorgente calda da cui si ramificano canali di irrigazione in uso da oltre sette secoli. Questa sorgente si era prosciugata a causa dello sfruttamento eccessivo, lasciando gli utenti senza accesso all’acqua. Quando, nel 2000, era entrata in vigore la direttiva sulle acque dell’UE (Water Framework Directive) i dati avevano rivelato l’esistenza di pozzi illegali e sistemi di irrigazione incontrollati. Di conseguenza “la Confederazione Idrografica di Guadalquivir ha adottato diverse misure eccezionali al fine di regolare questa situazione”, ha spiegato l’autore principale dello studio, María Mar Delgado-Serrano.

I driver esterni (es. incentivi di mercato e limitata capacità di controllo dell’autorità idrica), sono stati individuati come i principali fattori che hanno portato all’esaurimento della falda acquifera. Ma la ricerca ha “anche scoperto che questi stessi driver, in un nuovo quadro normativo che ha rafforzato monitoraggio e sanzioni, sono stati la base per l’effettivo recupero della falda.

La regolamentazione ha stabilito il numero di ettari consentiti per l’irrigazione, ha regolato l’uso dei pozzi e ha indicato le quantità di acqua che possono essere prelevate per ogni appezzamento di terreno autorizzato. Al contempo la Confederazione Idrografica, grazie ad accordi finanziari, ha fornito acqua agli utenti di Fuencaliente da un bacino idrico nelle vicinanze, concordando che la tassa per questa risorsa sarebbe stata pagata da chi aveva causato lo sfruttamento eccessivo della falda. Fondamentali per spiegare l’accettazione del nuovo accordo di governancesono stati però anche i driver internicome gli attributi socioeconomici degli utenti, la loro limitata azione collettiva e le differenze di potere tra agricoltori tradizionali e commerciali”.

La possibilità di garantire che le colture usino “l’acqua in modo sostenibile” è “una preoccupazione crescente per i consumatori europei“, come ha spiegato Delgado-Serrano, ed è in questa direzione che si sono inserite le politiche di gestione della falda. Lo studio ha mostrato chiaramente la necessità di analizzare le interazioni tra gli aspetti ambientali e quelli sociali nella gestione delle risorse naturali. Sono proprio le decisioni prese in ambito sociale a permettere, ad oggi, il recupero di questa falda acquifera e alcuni dei metodi utilizzati, come scrivono i ricercatori, “possono essere replicati in altre aree”.

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