L’anno scorso il Belpaese ha trattenuto appena il 40% del volume totale delle precipitazioni. Meno acqua, rispetto alla media storica 1951-2023, ha ricaricato gli acquiferi. E molta più risorsa idrica è andata persa per l’evapotraspirazione, direttamente legata alle temperature: il 59% contro un valore medio storico del 52%
I dati ISPRA sulla scarsità d’acqua in Italia
(Rinnovabili.it) – Nel 2023 all’Italia mancava il 18% della risorsa idrica rispetto alla media degli ultimi 70 anni. Un valore migliore di quello del 2022, dove la fortissima siccità aveva portato il deficit addirittura al -50%. Ma pur sempre in linea con la tendenza negativa registrata negli ultimi anni. La scarsità d’acqua in Italia si sta aggravando, mentre le contromisure stentano a incidere.
Lo rende noto l’ISPRA nella Giornata mondiale dell’acqua 2024 rilasciando i dati di BIGBANG, il modello idrologico nazionale con cui valuta la quantità di risorsa idrica ricevuta dal Belpaese e la quota trattenuta e dunque effettivamente disponibile.
Tratteniamo poco più del 40% delle precipitazioni
Nel World Water Day 2024, l’ONU ricorda che a livello globale entro il 2030, la domanda di acqua dolce sarà superiore del 40% all’offerta a causa delle attività antropiche e il loro impatto sul clima e gli ecosistemi. Uno scenario che vede l’Italia al centro dell’hotspot mediterraneo, una delle regioni in cui la disponibilità idrica è destinata a calare in modo più consistente.
Scenario confermato dai dati ISPRA. Nel 2023 la scarsità d’acqua in Italia è calata del 18% rispetto alla media 1951-2023 per “l’effetto combinato di un deficit di precipitazioni – specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre – e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno”. Il Belpaese ha trattenuto 112,4 miliardi di metri cubi di acqua, a fronte di un valore di precipitazione totale di 279,1 miliardi di metri cubi. Cioè poco più del 40%.
Ma il dato totale racconta solo parte della storia. Il valore del 2023 è migliore di quello dell’anno prima soprattutto per le abbondanti piogge di maggio scorso. Solo quel mese l’Italia ha ricevuto 49 miliardi di metri cubi di acqua, più del doppio della media degli ultimi 70 anni (23 mld m3). Precipitazioni che si sono concentrate in Emilia-Romagna, Sicilia e Calabria, portando a piogge anche 6 volte superiori alla norma. E “causa dei tragici eventi alluvionali in Emilia-Romagna”, ricorda l’ISPRA.
I dati sulla scarsità d’acqua in Italia
Dove sono finiti i quasi 280 mld m3 di acqua piovuti sull’Italia l’anno scorso? I calcoli dell’ISPRA dicono che circa 1/5 (il 19%, cioè 53 mld m3) ha ricaricato falde e laghi. Un dato più basso della media storica, che arriva al 22,7%. Una buona parte è scivolata via senza essere trattenuta da invasi o filtrare nel terreno: sono 66 mld m3 di acqua. Valore che è migliore, anche se di poco, della media (il 23,7% rispetto al 25,4%). Ma è aumentata significativamente la quota persa per evapotraspirazione, direttamente legata alle temperature: nel 2023 è stata il 59,4% del volume totale delle precipitazioni, mentre la media storica è ferma al 52%.
Tutto ciò ha risollevato il paese dalla siccità del 2021-22, ma non si può dire che abbiamo voltato pagina. “La siccità ha continuato a caratterizzare tutto il 2023 con condizioni di siccità estrema e severa nei primi mesi dell’anno sui territori del nord e centro Italia, già colpiti dalla grave siccità del 2022”, spiega l’ISPRA. La lenta riduzione della scarsità d’acqua in Italia è avvenuta peraltro a macchia di leopardo, con parte del Sud – Sicilia e Calabria soprattutto – dove di piogge ce ne sono state ben poche, determinando “una situazione di siccità estrema con effetti che si protraggono ancora nei primi mesi del 2024”.