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Più invasi artificiali ma meno volumi idrici stoccati, pesano crisi climatica e aumento domanda d’acqua

Uno studio su 7245 invasi artificiali in tutto il globo calcola che tra il 1999 e il 2018 la capacità teorica disponibile è cresciuta al ritmo di 28 chilometri cubi l’anno, ma i volumi complessivi sono in calo dello 0,82%

Invasi artificiali: aumenta il numero, diminuiscono i volumi totali
Foto di spiros xanthos su Unsplash

Lo studio è pubblicato su Nature Communications

(Rinnovabili.it) – Costruire nuovi invasi artificiali non basta per arginare la siccità e la scarsità d’acqua. In 20 anni, in tutto il mondo, la capacità di nuovi laghi è aumentata, ma il volume di acqua stoccato è diminuito. Due i fattori principali dietro questa dinamica: la crisi climatica e l’aumento della domanda di acqua.

Uno studio su 7245 invasi artificiali in tutto il globo calcola che tra il 1999 e il 2018 la capacità teorica disponibile è cresciuta al ritmo di 28 chilometri cubi l’anno. Per avere un riferimento, il lago Maggiore contiene normalmente circa 37 km3. Tuttavia, i volumi stoccati in questi bacini sono calati dello 0,82%, percentuale che si riferisce al rapporto tra i volumi effettivi di acqua e la capacità teorica totale (stoccaggio normalizzato). La differenza tra questo valore prima e dopo il 1999 è molto pronunciata, circa 10 punti percentuali: in calo dal 70,36% al 60,59%.

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Tuttavia, va notato che lo studio, pubblicato su Nature Communications, non tiene conto di un fattore importante come l’accumulo di depositi nei bacini, che ne diminuiscono la capacità complessiva. Una ricerca pubblicata lo scorso gennaio calcolava che entro il 2050 gli invasi artificiali nel mondo perderanno fino al 26% della capacità per questa causa.

A livello continentale, questa diminuzione dello stoccaggio normalizzato è particolarmente evidente in Asia, Africa e Sud America, che sono i continenti in cui si trova la maggior parte dei bacini di nuova costruzione. Mentre i dati relativi a Nord America ed Europa sono in controtendenza e bilanciano il dato globale, con aumenti nell’ordine del 2,6% e dell’1,5% circa sui 20 anni.

“L’Asia, il Sud America e l’Africa sono i principali “punti caldi” in cui è prevista la maggior parte delle attività di costruzione di dighe in futuro, con Brasile, Cina e Repubblica Democratica del Congo in testa”, scrivono gli autori. “Tuttavia, il futuro sviluppo di nuovi bacini artificiali probabilmente non allevierà lo stress idrico causato dall’aumento della domanda di acqua a livello municipale e industriale nell’Asia meridionale (ad esempio, in India) e nel sud-est asiatico (ad esempio, in Cina)”.