Per il 2020, la manifestazione globale chiede ai leader mondiali di prendere un preciso impegno: rendere almeno il 30% delle zone marine, aree protette entro il 2030
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(Rinnovabili.it) L’8 giugno si festeggia il World Oceans Day, la Giornata mondiale degli oceani. Un evento fondamentale per la comunicazione ambientale che corre però il rischio di scomparire tra decine di altre giornate internazionali e i problemi legati alla ripresa dalla crisi del COVID-19. Eppure questa 12esima edizione ufficiale porta con sé una delle richieste più importanti avanzate negli ultimi anni. Parliamo della Petizione 30×30, istanza rivolta ai decisori politici affinché proteggano almeno il 30% degli oceani e dei suoli entro il 2030.
L’iniziativa 30×30 nasce su proposta dell’Inghilterra e mira a creare una rete di Aree Marine Protette che contribuisca a tutelare la salute dei mari, preservando le popolazioni ittiche e la biodiversità.
“Siamo sulla buona strada per raggiungere un obiettivo globale di protezione del 17% delle terre e del 10% dei mari a fine 2020, ma i leader mondiali devono aumentare drasticamente l’ambizione”, spiegano gli organizzatori della Giornata mondiale degli Oceani. “Gli scienziati affermano che metà del pianeta deve tornare al suo stato naturale per prevenire l’estinzione di un milione di specie, rimanere al di sotto di 1,5 °C e salvaguardare la vita umana. Possiamo iniziare proteggendo il 30% del mondo entro il 2030. Ma non è sufficiente che lo chiedano gli scienziati. Abbiamo bisogno che le persone si riunivano in una sola voce e domandino un’azione rapida”.
L’urgenza è dettata dallo stato di salute del nostro Pianeta, acque in primis. Secondo l’ultimo report dell’IPCC sul tema, decenni di riscaldamento globale e cambiamenti climatici hanno provocato un danno difficilmente riparabile. Oggi i mari sono più caldi e acidi, due fattori che stanno influenzando fortemente la distribuzione e l’abbondanza della vita marina. Non solo. I ghiacciai si stanno ritirando, aumentando il rischio di frane e inondazioni e alterando la disponibilità d’acqua; la fusione delle calotte glaciali sta aumentando i livelli del mare mentre gli eventi estremi costieri diventano più gravi e frequenti.
Giornata mondiale degli Oceani, serve un impegno comune
Per garantire un futuro alle nostre acque e a chi le abita, è necessaria un’azione ampia e su più fronti ma fissare una rete di aree altamente protette è, per gli esperti, il primo passo. “Siamo contenti di vedere quanti eventi globali sono stati organizzati quest’anno”, ha dichiarato Jeff Demain, direttore della Giornata mondiale degli oceani. “La partecipazione online è entusiasmante. E dove è più sicuro, c’è anche chi ha organizzato pulizie di spiagge e litorali”.
L’appello ha trovato il repentino supporto italiano. Il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha annunciato infatti che il Belpaese aderirà all’iniziativa 30×30. “Tutti noi dipendiamo dal mare e dai servizi ecosistemici che ci offre”, ha dichiarato il Ministro. “Se ci prendiamo cura del mare, il mare si prenderà cura di noi. Proteggere la salute dei mari porta benefici alla pesca e al turismo, alla biodiversità e al clima”.
L’Italia ha voluto assumere tale impegno anche per rafforzare il partenariato con Londra in vista della Cop26 sui cambiamenti climatici che verrà ospitata il prossimo anno dal Regno Unito.
World Oceans Day, perché dobbiamo preoccuparci degli oceani
Milioni di persone dipendono direttamente dal mare per il proprio sostentamento, ma il futuro di tutti è legato al suo stato di salute. Coprendo il 70% della superficie terrestre, assorbendo il 25% di tutte le emissioni di CO2 e il 90% del calore, l’Oceano è la più grande biosfera e il più importante regolatore climatico del pianeta.
Genera il 50% dell’ossigeno che respiriamo ed è anche il più grande pozzo di carbonio del pianeta. Ma la sua resilienza non è infinita e non possiamo aspettarci che assorba all’infinito gli effetti di attività umane insostenibili. Basti pensare che circa il 60% dei principali ecosistemi marini del mondo è stato degradato o viene utilizzato in modo insostenibile.
Il problema tocca da vicino anche l’Italia e il bacino mediterraneo. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal WWF, appena l’1,27% del Mare Nostrum è effettivamente protetto. Il resto è in mano a pressioni crescenti da parte del trasporto marittimo, dell’acquacoltura, della nautica da diporto, ecc. Attività che spesso e volentieri competono su aree marine chiave.
In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2020, l’associazione ambientalista propone un “Blue Recovery Plan“, una serie di priorità e raccomandazioni per garantire ecosistemi marini sani, più posti di lavoro e migliori condizioni di vita al 2030. Il WWF ha stimato che l’economia legata agli oceani nel Mediterraneo possa generare un valore annuo di circa 400 milioni di euro, equivalente ad oltre la metà del Fondo per la Ripresa UE. Ma questa ‘economia blu’ si metterà in moto solo se un’efficace protezione del mare e uno sviluppo economico sostenibile diventeranno la norma.