L’analisi dell’Anbi sulle risorse idriche del Paese: “la situazione non è preoccupante ma bisogna riflettere sul fatto che nel 2020 non si possa ancora sperare che piova, perché non siamo in grado di fare le opere necessarie”. La potenzialità di accumulo idrico di 90 bacini è limitata; e ci sono 16 invasi da completare, oltre ad altri 23 progetti già cantierabili
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Siamo in autunno. Il clima diventa un nodo, come al solito, in questo periodo. Al pari della siccità in tarda primavera e inizio dell’estate. Da un lato troppa pioggia, le alluvione e l’abbondanza di acqua, dall’altro troppa poca, la sua mancanza che diventa scarsità. L’Italia è in ritardo su tutte e due i fronti. Tenendo presente che alcune volte le cose si invertono, perché i cambiamenti climatici hanno regole precise e alcune volte vivono di eccezioni. E’ necessario perciò trattenere e imparare a gestire l’acqua quando ne arriva molta; servono i bacini, che saranno poi utili serbatoi nei momenti di carenza della risorsa idrica.
“Considerato il periodo, la situazione delle risorse idriche del Paese non è preoccupante – osserva Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue), citando i risultati del rapporto dell’osservatorio sulle risorse idriche – ma va fatta una riflessione”, e cioè che “nel 2020 si sia ancora a sperare nella clemenza di Giove Pluvio, perché incapaci di infrastrutturare adeguatamente il territorio di un Paese, che rimane uno dei più ricchi d’acqua al mondo”.
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Entrando nel dettaglio della situazione, l’Anbi si concentra sulla fine “dell’emorragia idrica dai bacini di Puglia e Basilicata”, che ora aspettano di essere rimpinguati dalle piogge autunnali e poi da quelle invernali; rispetto all’anno scorso – viene spiegato – dagli invasi pugliesi mancano ora quasi 52 milioni di metri cubi, mentre in Basilicata il deficit è di circa 38 milioni. Anche in Calabria, dopo un’estate idricamente sufficiente, si avvertono gli effetti della concentrazione localizzata degli eventi meteo: se la diga Sant’Anna sul fiume Tacina, lungo la costa jonica, segna il record dell’ultimo quadriennio con 4,69 milioni di metri cubi d’acqua, diventa evidentemente negativo quello che avviene sulla diga Monte Marello sul fiume Angitola, lungo il versante tirrenico, al minimo dal 2017 con 7,33 milioni di metri cubi d’acqua.
Facendo il percorso dal basso all’altro del territorio italiano, sono inferiori agli anni scorsi le portate dei fiumi Sele e Volturno in Campania, mentre nel Lazio viene segnalata l’altezza idrometrica record del fiume Tevere dal 2016, così come per il fiume Liri; se confortante è anche la condizione idrica del lago di Bracciano, non altrettanto può dirsi dell’invaso di Penne in Abruzzo al minimo dal 2017 con 0,7 milioni di metri cubi.
Rimane scarsa la situazione dei bacini nelle Marche che complessivamente trattengono 32,84 milioni di metri cubi; una quantità leggermente superiore negli anni recenti soltanto al 2017, un anno estremamente caratterizzato dalla siccità. Sono in calo i livelli dell’invaso del Bilancino in Toscana (meno 22% sui capoluoghi della Regione). Analogo è stato l’andamento delle piogge settembrine sul Veneto (meno 31%), assorbito però senza conseguenze dai fiumi della regione, tutti (Adige, Bacchiglione, Livenza, Brenta, Piave) con altezze idrometriche al massimo degli ultimi quattro anni. A settembre piogge in calo del 46,4% anche in Piemonte, con i fiumi (Dora Baltea, Sesia, Stura di Lanzo, Maira, Pesio) con portate in discesa; stesso andamento per la parte piemontese del fiume Po che in Emilia Romagna, come in Lombardia, segna livelli superiori alla media storica ed all’anno scorso.
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Non altrettanto può dirsi dei fiumi della stessa Regione, tutti sotto media (ad eccezione del Savio); il record negativo è del Reno con una portata di 0,4 metri cubi al secondo contro una media di 8,4 metri cub al secondo. Sono in calo anche i grandi laghi del Nord, come il lago Maggiore, quello di Lario, di Iseo, e di Garda, pur rimanendo superiori alla media del periodo.
“In Italia, la potenzialità di accumulo idrico in 90 bacini è limitata – rileva Massimo Gargano, direttore generale di Anbi – perché il 10,7% della capacità è interrata per la presenza di oltre 72 milioni di metri cubi di detriti. Per questo, proponiamo la loro pulizia straordinaria con una spesa di circa 291 milioni di euro, capaci di attivare quasi 1.500 posti di lavoro. Non solo. Ci sono ben 16 invasi da completare ed i consorzi di bonifica ed irrigazione hanno progetti definitivi ed esecutivi, cioè cantierabili, per realizzare ulteriori 23 bacini in tutta Italia. È una capacità operativa, che mettiamo al servizio del Paese; l’economia dei territori e l’occupazione attendono risposte concrete”.