L'acqua pubblica e partecipata è una realtà in molte parti del mondo. E in Italia? Dopo il referendum del 2011 tutto doveva cambiare. Non è successo. Ecco a che punto siamo a livello globale
(Rinnovabili.it) – L’acqua pubblica e partecipata è una realtà in molte parti del mondo. E in Italia? Dopo il referendum del 2011 tutto doveva cambiare. Non è successo. Nel nostro Paese, l’acqua pubblica è ancora “un’utopia possibile”. Questo il titolo del convegno internazionale, organizzato dalla deputata 5Stelle e membro della Commissione ambiente della Camera Federica Daga, che si è svolto oggi a Montecitorio. L’obiettivo è fare il punto della situazione e analizzare le esperienze positive che si sono accumulate in questi anni.
“In Italia dal 2011 a oggi sono stati approvati numerosi provvedimenti che incentivano la privatizzazione del servizio idrico integrato con conseguenze tutte negative: le tariffe sono aumentate, mentre si è assistito ad un rallentamento degli investimenti da parte dei gestori e ad un progressivo peggioramento del servizio in tantissimi territori – spiegano gli organizzatori dell’incontro – Purtroppo l’acqua è al centro degli interessi economici e finanziari di grandi lobby economiche che, in questi anni, hanno premuto l’acceleratore sui processi di privatizzazione e spinto affinché in Italia la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato venisse bloccata”
La mappa dell’acqua pubblica
E le esperienze non mancano di certo. Dal Ghana all’Indonesia, passando per l’Argentina e la Francia, la rimunicipalizzazione dell’acqua emerge come una tendenza globale in crescita. Lo spiegano i professori Emanuele Lobina e Satoko Kishimoto, autori del report “Our public water future: the global experience with remunicipalisation”.
Qualche numero dà la dimensione del fenomeno: si è passati dai 2 casi in 2 Paesi del 2000 ai 235 casi divisi in 37 Stati del 2015. Se 17 anni fa le persone coinvolte erano appena 1 milione, oggi superano i 100 milioni. Una tendenza che, se si allarga lo sguardo ai servizi in generale, mostra un’impennata soprattutto negli ultimi due anni. Ad oggi sono almeno 821 i casi di ripubblicizzazione. Per quanto riguarda l’acqua, negli ultimi 18 mesi si sono aggiunti oltre 270 casi.
“Dal 2000 ad oggi c’è stata un’accelerazione fortissima del processo di ripubblicizzazione dell’acqua – spiega Lobina – Il caso di Parigi, nel gennaio 2010, ha avuto un ruolo fondamentale nell’imprimere una spinta verso l’acqua pubblica. E la Francia è il Paese che più di tutti ha ripubblicizzato i servizi idrici. D’altronde, nella loro storia, i francesi sono quelli che più di chiunque altro hanno conosciuto la privatizzazione. Non sarà un caso”.
Tra pubblico e privato
Il punto di forza fondamentale, emerge dal report, è che il settore pubblico non è schiavo dell’imperativo del profitto. Ciò non garantisce che il servizio sia efficiente, efficace, democratico, ma lascia aperta la possibilità. E lascia margini anche per proporre un nuovo modello di sviluppo ambientale e sociale. Ma non è in diminuzione nel mondo l’altra tendenza, opposta, quella della privatizzazione. Non solo a livello locale, ma anche tramite trattati internazionali: per come sono strutturati, conclude Lobina, TTIP, CETA e TISA minerebbero le basi stesse dell’idea di un servizio pubblico.
Ma alla base di tutto c’è una critica dei fondamenti stessi dell’attuale sistema economico e finanziario mondiale. Un esempio di cosa comporta un certo modello di sviluppo lo presenta Kishimoto: “Di recente Rio de Janeiro ha approvato una legge per vendere l’azienda idrica nazionale per ripagare debiti creati dalle Olimpiadi. Esattamente la stessa cosa che è avvenuta in Grecia”.
Lo scoglio Europa
Uno sguardo a come si comporta l’UE rispetto all’acqua pubblica lo dà Dario Tamburrano del M5Stelle, membro dell’Intergruppo sui Beni Comuni presso l’Europarlamento. Al 2014 risale l’Iniziativa di cittadinanza europea (Ice) per mettere pressione a Bruxelles, che raccolse 1 milione 650mila firme.
“La Commissione ha risposto che lavorerà per ampliare l’accesso all’acqua potabile a tutti – ricorda l’eurodeputato – Ma non ha parlato di diritto all’acqua. E dice di mantenersi neutra sulla questione della gestione pubblica o privata. Ma poi le sue politiche spingono affinché molti servizi negli Stati membri vengano privatizzati”. Un risposta – per scelta – senza alcun valore legislativo. “L’Ice serve per chiedere dal basso all’Europa un’azione legislativa, ma se la richiesta non viene considerata siamo in presenza di una palese violazione dei diritti dei cittadini”.
Ma Europa significa anche le esperienze più che positive di alcuni apripista: la già citata Parigi, e poi Berlino e Barcellona insieme a molte altre località della Catalogna. Nel corso del convegno è intervenuta Anne Le Strat, vicesindaco di Parigi all’epoca della ripubblicizzazione del 2008. Tramite “Eau de Paris”, programma di cui è stata presidente, dal 1 gennaio 2010 è stata tolta alle multinazionali Veolia e Suez la gestione della rete idrica di Parigi. Con un risparmio di 35 milioni di euro l’anno e una riduzione dell’8 per cento della bolletta dell’acqua. Ma Le Strat ha ricordato anche le difficoltà e le lungaggini di un processo che si è concluso positivamente. A raccontare le proprie esperienze anche il Comune di Barcellona, oggi guidato dalla giunta Colau, e Dorothea Haerlin, membro fondatore del Berliner Wassertisch-AG Remunicipalisation, che con il motto di “Veolia addio” (ma era coinvolta anche RWE) è riuscita a promuovere e ad ottenere la ripubblicizzazione al 100% dell’acqua a Berlino.