Dopo 6 mesi di proteste e un movimento che aggrega oltre 200 tribù di nativi, Ong ambientaliste e star del cinema, la tribù Standing Rock ha bloccato i lavori del controverso oleodotto Dakota Access
(Rinnovabili.it) – Sei mesi di proteste di massa hanno consegnato alla tribù di nativi americani Sioux Standing Rock una storica vittoria ambientalista. La tribù ha difeso il diritto all’acqua bene comune: contestava la costruzione dell’oleodotto Dakota Access poche centinaia di metri a monte della loro riserva, dove attraversa più di 200 corsi d’acqua di varia grandezza nei pressi della confluenza tra il fiume Missouri e il suo affluente Cannonball.
Secondo gli Standing Rock, che hanno fatto causa alla compagnia con l’appoggio dell’Ong Earthjustice, la pipeline rischia di inquinare irrimediabilmente le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle, oltre la riserva. Inoltre la tribù afferma che l’oleodotto attraversa terre che considera sacre e vìola quindi il National Historic Preservation Act.
Vittoria inaspettata, per molti versi. Nei mesi scorsi la protesta per l’acqua bene comune è cresciuta a dismisura. Più di 200 altre tribù si sono unite, e ne è nato un movimento che include anche organizzazioni ambientaliste e ha ricevuto l’appoggio di star del cinema, facendo breccia sui social media con l’hashtag #NoDAPL. Ma i sit-in di protesta sono stati spesso sgomberati con la forza dalla polizia e molti manifestanti arrestati.
Il Dakota Access è un progetto da 3,8 miliardi di dollari dell’americana Energy Transfer Partners, che prevede la costruzione di un oleodotto di oltre 1.800 km North Dakota, South Dakota e Ioha per trasportare circa 500mila barili di petrolio al giorno. I manifestanti hanno accusato la compagnia, che aveva iniziato i lavori di scavo su alcuni terreni privati, di aver distrutto diversi siti sacri per i Sioux destinati alla sepoltura.