Battuta sul tempo dall'Ungheria, Parigi si è fatta soffiare il primato di Stato guida nel processo europeo di ratifica. Intanto anche l'India, dopo Usa e Cina, promette di votare l'accordo entro l'anno
(Rinnovabili.it) – La Francia, padrona di casa della COP21, ha approvato l’accordo sul clima. Nel pomeriggio di mercoledì 8 giugno il Senato della République ha votato quasi all’unanimità il testo uscito dalla conferenza internazionale di Parigi, dopo che il Parlamento aveva dato luce verde il 17 maggio scorso. Adesso manca soltanto il timbro ufficiale da parte di Hollande, un passaggio più che altro formale, che è atteso entro le prossime due settimane, data probabile il 17 giugno.
Parigi però è stata battuta sul tempo dall’Ungheria, prima in Unione Europea a votare l’accordo il 24 maggio, e non ha potuto così fregiarsi del titolo di paese guida nel processo di ratifica a livello europeo. Ad ogni modo la Francia diventerà il primo membro del G7 e del G20 a compiere questo passo fondamentale verso l’implementazione dell’accordo. Tuttavia l’approvazione definitiva in sede ONU – dopo la ridondante cerimonia di aprile – dovrà aspettare ancora: il passaggio avverrà come Ue, dunque serve l’appoggio preliminare di tutti i parlamenti dei 28 Stati membri.
Le Parlement adopte le projet de loi de Ratification de l’Accord de Paris #COP21 #ActOnClimate @Senat_Direct pic.twitter.com/JPN621nQgM
— Ségolène Royal (@RoyalSegolene) 8 giugno 2016
Medaglia d’argento dunque per la Francia, che è riuscita a farsi superare da un paese, come l’Ungheria, di solito allineato al blocco degli Stati dell’est, che certo non sono in prima linea nella difesa del clima né sulla revisione dell’attuale modello di sviluppo, e temono ripercussioni sulla loro crescita economica.
Per entrare in vigore, l’accordo sul clima dovrà essere ratificato da almeno 55 paesi (sui 177 che l’hanno approvato alla COP21) che rappresentino il 55% delle emissioni mondiali di CO2. Stati Uniti e Cina hanno manifestato la volontà di approvarlo entro la fine dell’anno – intenzione tutta da verificare, soprattutto con le elezioni americane di mezzo. Insieme, i due maggiori inquinatori mondiali Washington e Pechino rappresentano il 38% delle emissioni. Pochi giorni fa è arrivata l’adesione anche da parte dell’India durante la visita del presidente Modi a Washington.
Oltre a loro, circa altri 40 Stati hanno promesso la ratifica entro il 2016. Nell’ipotesi ottimista in cui ciò avvenisse, si arriverebbe a poco più di 2 punti percentuali di distanza dalla soglia richiesta del 55% e servirebbero soltanto una decina di nuovi paesi firmatari.