L’uso degli antibiotici negli allevamenti è parzialmente responsabile della crescente resistenza agli antibiotici, una delle più grandi minacce per la salute umana globale. Qual è la scelta giusta da fare? Una ricerca dimostra che la consapevolezza in proposito è molto lacunosa

È giusto preferire allevamenti senza antibiotici?
L’uso degli antibiotici negli allevamenti è in parte responsabile della crescente resistenza agli antibiotici, una delle più grandi minacce per la salute umana globale.
Nel 2019 sono morte 1,27 milioni di persone per infezioni batteriche resistenti agli antibiotici; se non si interviene con decisione, entro il 2050 si potrebbe arrivare a 10 milioni di decessi l’anno.
In che modo possono difendersi i consumatori? Un ruolo fondamentale lo rivestono le loro scelte di acquisto, che possono in qualche modo orientare le decisioni politiche e le azioni dei produttori.
La ricerca Consumers’ perspectives on antibiotic use and antibiotic resistance in food animals: a systematic review pubblicata in “npj Science of Food” ha condotto un’estesa ricerca sulla letteratura che indagava le posizioni dei consumatori per quanto riguarda la conoscenza e le percezioni del problema e gli atteggiamenti assunti in merito all’uso degli antibiotici negli allevamenti e alla resistenza che si sviluppa.
La resistenza agli antibiotici
Dai risultati si evince la preoccupazione dei consumatori per l’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti e la loro propensione a spendere di più per acquistare carne meno trattata.
Tuttavia, dalla ricerca emerge anche la scarsa consapevolezza della questione: si sa poco dell’uso degli antibiotici per gli animali e di come ne venga gestita la somministrazione. Ma ancora meno si conoscono i rischi legati alla trasmissione di batteri resistenti agli antibiotici.
L’obiettivo della ricerca è quindi fornire informazioni sia ai responsabili politici che alle aziende zootecniche perché si faccia un uso responsabile degli antibiotici.
La resistenza agli antibiotici è un fenomeno in parte naturale, ma certamente è accelerato da un uso improprio delle persone e da somministrazioni eccessive negli allevamenti.
A livello globale, il 72,5% degli antibiotici è usato negli animali. È stato stimato che nel 2013 si sono usate 131.109 tonnellate di antibiotici negli allevamenti, e si prevede che entro il 2030 si raggiungeranno le 20.235 tonnellate.
Perché si somministrano gli antibiotici negli allevamenti?
Si somministrano antibiotici agli animali da allevamento per uso terapeutico e subterapeutico.
Nel primo caso gli antibiotici servono a trattare animali con malattie infettive clinicamente diagnosticate.
L’uso subterapeutico consiste invece nell’aggiungere basse dosi di antibiotici al mangime o all’acqua per evitare che gli animali sani si ammalino o per promuoverne la crescita.
Mentre l’uso terapeutico degli antibiotici è essenziale per il mantenimento della salute degli animali, l’uso subterapeutico è considerato parzialmente responsabile della crescente resistenza agli antibiotici.
La trasmissione di batteri resistenti dagli animali all’uomo
Inoltre, i batteri resistenti agli antibiotici presenti negli animali si possono trasmettere all’uomo attraverso contatti diretti o indiretti e attraverso la catena alimentare.
Dato che la maggior parte degli antibiotici clinicamente importanti per l’uomo sono utilizzati anche per gli animali, è evidente che i rischi per la salute umana. sono significativi.
Anche se alcuni paesi hanno adottato misure per ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti (nell’UE sono vietati dal 2006 quelli che stimolano la crescita e dal 2022 quelli preventivi), soprattutto nei paesi in via di sviluppo se ne fa ancora un uso subterapeutico.
Il ruolo dei consumatori
I consumatori possono svolgere un ruolo fondamentale: se percepiscono un prodotto come rischioso, scelgono di non consumarlo. Quindi possono influenzare le strategie del settore, nonché le politiche e i regolamenti.
Tuttavia gli studi effettuati in vari paesi hanno fornito risultati contrastanti: qualcuno riteneva che gli antibiotici si usassero solo negli allevamenti, altri in agricoltura in generale e quindi in tutti i prodotti alimentari.
Se alcuni consumatori ritenevano che gli antibiotici fossero utili per la salute e il benessere degli animali, riconoscevano però i rischi di un uso improprio o eccessivo. Inoltre erano più preoccupati per la presenza di additivi, ormoni o OGM.
Come ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti?
Molti intervistati hanno manifestato preoccupazioni per l’introduzione di animali malati nella catena alimentare, l’aumento dei prezzi e le perdite per gli agricoltori conseguenti alla riduzione di antibiotici.
Una sostanziale mancanza di conoscenza riguardava invece le vie di trasmissione dei batteri resistenti dagli animali alle persone.
In generale, i consumatori si sono dichiarati favorevoli a ridurre ma non a vietare l’uso di antibiotici. Hanno chiesto misure per ridurre la necessità di usarli: vaccinazione degli animali, igiene, stalle non troppo affollate, isolamento degli animali malati e visite regolari dei veterinari.
Le fonti di informazione
Le fonti di informazione più comune sono i media tradizionali (giornali, TV e radio), i social media (Facebook e YouTube), Internet, medici, familiari e amici, insegnanti.
Se da un lato le informazioni di scienziati, professionisti della salute, medici e istituzioni governative sono percepite come più accurate e affidabili, sono anche meno disponibili e meno comunemente utilizzate.
Alcuni intervistati dovevano scegliere tra guardare un video informativo o uno con immagini della natura: il 40% ha scelto la seconda opzione per la riluttanza a cambiare la loro visione o per la paura di conoscere la resistenza agli antibiotici e sentirsi impotenti.
In quelli che hanno guardato il video informativo è aumentata la percezione del rischio, specie se ne sapevano poco.
Il comportamento di acquisto
I consumatori preferiscono i prodotti etichettati come senza antibiotici, ma l’ostacolo è il prezzo più elevato.
Quindi, a fronte di un’elevata intenzione di acquistare prodotti alimentari etichettati come uso di antibiotici assente o ridotto, la frequenza degli acquisti effettivi era bassa. In teoria c’è la propensione a spendere di più per un prodotto sano, in realtà poco di più.
Inoltre, rispetto ai prodotti alimentari con un uso di antibiotici ridotto, i consumatori erano disposti a pagare molto di più per i prodotti senza alcun uso di antibiotici: una preferenza che sembra in contrasto con il sostegno all’uso di antibiotici. In pratica, la ritengono una pratica necessaria, ma non nel loro cibo.
Le informazioni in etichetta
La crescente domanda di prodotti antibiotic free potrebbe incentivare l’eliminazione degli antibiotici dalle industrie zootecniche, una scelta dannosa sia per il benessere degli animali che per la sicurezza alimentare.
Pertanto, le future etichette degli alimenti dovrebbero promuovere un uso responsabile degli antibiotici anziché la loro assenza.
Le etichette dovrebbero fornire informazioni affidabili, dettagliate e sostenute da un sistema di monitoraggio verificabile sull’uso di antibiotici e sulle misure adottate per prevenire i residui e i batteri resistenti nei prodotti alimentari.