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Scoperta l’origine dell’epidemia da Xylella fastidiosa

Un gruppo internazionale di ricerca, di cui fa parte anche l’Italia con il CNR, ha scoperto quando e da dove è arrivata per la prima volta Xylella fastidiosa. Lo studio apre un nuovo scenario che potrebbe permettere di sconfiggere il batterio e salvare gli olivi pugliesi, che ancora combattono l’epidemia

Xylella fastidiosa
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Quando è arrivata per la prima volta in Italia la Xylella fastidiosa, il batterio che ha ucciso milioni di piante di olivo in Puglia?

Un gruppo di scienziati di Italia (che partecipa con il CNR), Francia e Stati Uniti ha condotto uno studio da cui risulta che Xylella fastidiosa (così definita per la difficoltà di coltivarla in laboratorio) sia comparsa per la prima volta nel 2008 e poi si sia stabilizzata in Puglia.

I ricercatori hanno anche scoperto alcuni tratti genetici che potrebbero aver agevolato la diffusione del batterio, talmente invasivo da poter infettare almeno 595 specie di piante.

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Dagli insetti alle piante attraverso la linfa

Xylella fastidiosa è trasmessa alle piante dagli insetti che si nutrono della loro linfa, provoca gravi malattie in piante diverse (oltre all’olivo, vite, agrumi, caffè, pesca, prugna, mandorla, quercia, oleandro) ed è presente in vari Paesi delle aree tropicali, subtropicali e temperate.

I sintomi sono immediatamente riconoscibili: la pianta si secca rapidamente e muore. È la condizione che i ricercatori hanno denominato CoDiRO, ovvero Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo.

Tra il 2013 e il 2017 gli scienziati hanno raccolto campioni di ramoscelli da più di 70 alberi con CoDiRO, e hanno utilizzato un nuovo protocollo per estrarne il DNA batterico, concentrandosi sulla sua variabilità e confrontandolo anche con quattro campioni di piante di caffè del Costarica.

Xylella fastidiosa arriva dall’America Centrale

Maria Saponari, ricercatrice dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari, che ha partecipato allo studio, spiega: «Più differenze vediamo nelle sequenze di DNA, più a lungo Xylella deve essere stata in Italia, perché significa che ha avuto più tempo per produrre mutazioni mentre si adattava al nuovo ambiente e alla nuova specie ospite».

La ricerca sembra confermare che Xylella sia arrivata dall’America Centrale. Dal confronto tra i campioni costaricani e pugliesi si evidenziano piccole differenze, e «questo indica che il patogeno è arrivato in Italia recentemente con un’unica introduzione dal Costa Rica, perché vediamo una sola popolazione genetica».

Il tasso medio di mutazione di questi batteri sembra confermare il 2008 per la prima comparsa di Xylella fastidiosa in Italia. Infatti gli agricoltori pugliesi hanno segnalato i primi casi nel 2010 e l’incubazione della malattia dura circa due anni.

Il passaggio da una specie all’altra

Lo studio dei ricercatori sulle piante di caffè e di olivo ha dimostrato che il batterio può passare da una specie all’altra, con piccole ma rilevanti differenze tra i genomi: «Il ceppo italiano ha perso alcuni geni e ne ha acquisiti altri, potenzialmente correlati all’adattamento agli ulivi pugliesi».

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Si apre un nuovo scenario: questi geni potrebbero diventare nuovi bersagli per combattere la malattia, ad esempio modificando il batterio in modo che non possa più infettare gli ulivi.

Tuttavia è complicato eseguire questi studi in Italia perché mancano impianti con le strutture di quarantena necessarie per manipolare il patogeno, spiega Saponari.

Sembra che la diffusione dell’epidemia stia rallentando, «grazie alle misure di contenimento e al fatto che questa zona è più diversificata, con colture e paesaggi diversi che frenano la diffusione».

Ma Xylella fastidiosa non è sconfitta, quindi ogni passo avanti della ricerca è un tassello prezioso per la sopravvivenza degli olivi pugliesi.