Lo studio della Corte dei Conti europea “Utilizzo idrico sostenibile in agricoltura” mette in evidenza che in gran parte dei Paesi UE le estrazioni idriche superano le riserve disponibili e il futuro prospetta entro il 2030 un aumento dello stress idrico dovuto ai cambiamenti climatici
di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – L’acqua è un bene prezioso, l’agricoltura è indispensabile alla nostra sopravvivenza.
L’agricoltura consuma enormi quantità di acqua dolce: assorbe un quarto del volume totale delle acque estratte nei Paesi dell’Unione Europea. Secondo la relazione speciale pubblicata dalla Corte dei Conti europea, Utilizzo idrico sostenibile in agricoltura: i fondi della PAC promuovono più verosimilmente un maggiore utilizzo dell’acqua, anziché una maggiore efficienza, le politiche dell’Unione Europea non inducono gli agricoltori a utilizzare le risorse idriche in modo sostenibile.
Chi inquina paga? Non sempre
L’attività agricola non incide solo sulla quantità di acqua consumata ma anche sulla sua qualità, a causa dell’inquinamento dovuto a fertilizzanti e pesticidi. La direttiva quadro del 2000 in materia di acque prescrive l’applicazione del principio “chi inquina paga”; in realtà gli Stati membri non effettuano controlli adeguati per scoraggiare l’utilizzo non sostenibile delle risorse idriche e raramente sanzionano gli usi illegali di acqua.
Inoltre l’acqua utilizzata a fini agricoli è economica, molti Stati membri non recuperano i costi dei servizi idrici in agricoltura e agli agricoltori non viene fatturato il volume effettivo delle acque utilizzate.
Secondo la Banca Mondiale, negli ultimi 55 anni le risorse idriche rinnovabili pro capite in Europa sono diminuite del 17%. In gran parte dei Paesi dell’Unione Europea le estrazioni idriche superano le riserve disponibili e il futuro prospetta entro il 2030 un aumento dello stress idrico dovuto ai cambiamenti climatici.
Usare l’acqua in modo efficiente
L’agricoltura dipende dalla disponibilità di acqua, sia per far fronte ai periodi di siccità, sia per migliorare la resa e la qualità delle colture. Le acque irrigue provengono da torrenti, fiumi e laghi, da pozzi, dalla raccolta di acque meteoriche e dalle acque reflue affinate. L’acqua potabile destinata agli animali è una piccola parte di quella impiegata in agricoltura. Nel 2016, stando alla Relazione, circa il 6% delle superfici agricole è stato irrigato, ma le estrazioni idriche sono state del 24% (dato dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, AEA).
Come ha affermato Joëlle Elvinger, responsabile della relazione della Corte dei Conti europea,«l’acqua è una risorsa limitata, e il futuro dell’agricoltura dell’UE dipende in larga misura da quanto gli agricoltori la usino in modo efficiente e sostenibile. Finora, tuttavia, le politiche dell’Unione Europea non sono state abbastanza efficaci nel ridurre l’impatto dell’agricoltura sulle risorse idriche». La normativa UE si presta a una varietà di interpretazioni e permette una serie di esenzioni con il rischio di finanziare progetti che contrastano con gli obiettivi della direttiva quadro in materia di acque.
Secondo tale direttiva, le estrazioni idriche non dovrebbero comportare un abbassamento dei livelli delle acque sotterranee tale da deteriorare lo stato di queste ultime o da impedire il raggiungimento dell’obiettivo di mantenere un buono stato delle acque. Nel 2015 il 9% delle acque sotterranee era classificato quantitativamente come “scarso”, segno che gli obietti fissati non erano stati conseguiti. Anche a fronte di questo, la Corte dei Conti europea ha rilevato che agli agricoltori sono concesse deroghe anche in regioni soggette a forte stress idrico.
Il rispetto degli obiettivi della PAC
La PAC (politica agricola comune) potrebbe incentivare pratiche sostenibili erogando i pagamenti in base al rispetto delle norme ambientali anche per quanto riguarda il consumo di acqua. Infatti l’agricoltura sostenibile è uno degli obiettivi strategici della PAC. Tuttavia, secondo la Corte dei Conti europea in pochi casi la PAC subordina l’erogazione dei pagamenti al rispetto di consumi idrici sostenibili: se da un lato si scoraggia l’uso non sostenibile dell’acqua, dall’altro la condizionalità dei pagamenti non si applica a tutti gli aiuti della PAC né a tutti gli agricoltori. Inoltre, alcuni pagamenti sostengono colture che richiedono grandi quantitativi di acqua (riso, frutta a guscio, prodotti ortofrutticoli) senza limitazioni geografiche, ovvero anche in zone soggette a stress idrico.
La Relazione rileva un dato parzialmente positivo: dal 1990 il consumo di acqua in agricoltura è diminuito del 28% grazie all’uso più efficiente delle risorse. Tuttavia dal 2010 non si sono registrati miglioramenti e l’estrazione di acqua per uso agricolo rimane a livelli insostenibili.
L’altra faccia dell’irrigazione efficiente
Se è vero che la PAC finanzia gli investimenti miranti a contenere i consumi di acqua, gli agricoltori sfruttano raramente questa possibilità e gli stessi programmi di sviluppo rurale di rado sostengono le infrastrutture di riutilizzo dell’acqua. Va anche evidenziato che non sempre adottare sistemi di irrigazione più efficienti equivale a risparmiare acqua, ma può dare luogo a quello che viene definito “effetto di rimbalzo”, ovvero l’acqua risparmiata è destinata all’irrigazione di colture che richiedono più d’acqua o di superfici più ampie. Inoltre si può generare il cosiddetto “paradosso idrologico”: si riduce il ritorno delle acque superficiali ai fiumi e quindi la portata necessaria agli utenti a valle e benefica per gli ecosistemi sensibili.
Altrettanto importante è la quantità dei flussi: un flusso idrico debole riduce la diluizione degli inquinanti e quindi compromette la qualità dell’acqua, i prelievi eccessivi possono provocare l’intrusione salina nelle acque sotterranee.
La conclusione a cui giunge la Relazione della Corte dei Conti europea sull’Utilizzo idrico sostenibile in agricoltura è che l’Unione Europea abbia finanziato aziende agricole e progetti che compromettono l’utilizzo sostenibile delle risorse idriche e raccomanda di attuare nuove strategie per evitare di entrare in una fase di emergenza senza ritorno.