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Upcycling gastronomico, la cucina amica dell’ambiente

Utilizzare materiali di scarto per inventare cibi appetitosi a costo zero senza produrre rifiuti. Con l’upcycling gastronomico la sostenibilità entra in cucina. Ci stanno provando anche le aziende, i consumatori amano le novità e premiano la sostenibilità

Upcycling gastronomico
Foto di 👀 Mabel Amber, who will one day da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Avete mai sentito parlare di upcycling gastronomico? Oggi sostenibilità è la parola d’ordine che deve caratterizzare le nostre vite. Cominciare dall’alimentazione, e quindi dall’upcycling gastronomico, è un ottimo punto di partenza: gastronomia sostenibile significa scegliere e cucinare il cibo avendo a mente tutti passaggi, dal campo alla tavola, cercando di operare scelte attente e responsabili e cambiando possibilmente i nostri stili di vita. Entro il 2050 saremo 10 miliardi, assicurare cibo sano a più persone possibile è un’impresa sicuramente ardua, ma non diamoci per sconfitti prima ancora di cominciare.

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Il termine upcycling è solitamente riferito a mobili o abbigliamento, perché non applicarlo al cibo? Upcycling è l’utilizzo di materiali di scarto destinati ad essere buttati per creare nuovi oggetti di valore superiore a quello del materiale originale. Un esempio classico è la vecchia cassetta che diventa libreria. Inoltre l’energia necessaria per l’upcycling è quasi nulla; nel caso del riciclo, invece, con una certa quantità di energia si possono riutilizzare dei materiali per crearne altri nuovi o equivalenti.

Upcycling gastronomico, i consigli degli chef

L’upcycling gastronomico è quindi ricavare nuovi ingredienti a costo zero – sarebbero finiti nella spazzatura – dagli avanzi o dagli scarti di cibo. L’upcycling gastronomico è alla portata di tutti, ma non tutti hanno le idee giuste. Lo chef giapponese Katsuhiro Nakamura, ambasciatore di buona volontà della FAO, ha escogitato una ricetta per usare le banane intere, comprese le bucce. È nata la banana confit, marinata nello zucchero per una settimana e asciugata per un paio di giorni. Il pane vecchio, invece, è un ottimo ingrediente per fare dolci o budini. 

A volte sono le stesse aziende a inventare ricette di upcycling gastronomico. Ad esempio, un’azienda produttrice di cioccolato ha sostituito lo zucchero raffinato con la polpa morbida e dolce che circonda i semi del cacao invece di buttarla. Un’altra azienda ha ricavato patatine vegetali dalla polpa di frutta e verdura avanzate dalla spremitura. Per ogni chilo di polpa risparmiato, si risparmiano 38 litri d’acqua. Non bisogna aver pausare di osare e sperimentare: i consumatori sono attratti dalle novità, cercano prodotti sostenibili e premiano le aziende che dimostrano una sensibilità ambientale.

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«Cuciniamo in modo che non rimanga nulla. Non abbiamo un menù scritto, così è più facile adattarsi ai prodotti freschi di giornata» spiega lo chef ecuadoregno Rodrigo Pacheco, ambasciatore di buona volontà della FAO e convinto sostenitore della cucina sostenibile: «Chef e produttori di cibo svolgono un ruolo cruciale nel riconnettere le persone con l’ambiente. È nostro dovere promuovere i prodotti che consentono un rapporto più intelligente e sostenibile con il Pianeta». I consigli di Rodrigo per l’upcycling gastronomico sono alla portata di tutti: non acquistare più del necessario, sostenere i mercati locali e produrre in proprio – non occorrono ettari di terreno, bastano anche i vasi fuori dalla finestra per coltivare pomodori, erbe, peperoncini –, fare in casa marmellate e verdure sottolio o sottaceto (con l’ulteriore vantaggio di ridurre imballaggi e rifiuti di plastica e inquinamento da trasporto).