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Uganda, progetto di sviluppo con le mucche da latte

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Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

Dal benessere delle mucche dipendono quello degli allevatori e della comunità? Può sembrare una stranezza, ma non lo è affatto, soprattutto se l’allevamento si trova in un Paese come l’Uganda, dove il reddito non è una certezza e il clima è spesso arido.

La produzione di latte assicura la sopravvivenza

Per gli allevatori ugandesi la produzione costante di latte è una garanzia di sopravvivenza: permette di comprare cibo sufficiente, mandare i figli a scuola, avere una casa.

Da marzo a novembre, durante la stagione delle piogge, le mucche brucano l’erba che cresce spontaneamente.

I problemi arrivano con la stagione secca: senza mangimi le mucche muoiono di fame, e il cambiamento climatico ha prolungato la stagione secca.

Molti progetti della FAO aiutano gli agricoltori a migliorare la produzione, come nel caso dell’ugandese Loyda Twinomujuni, che possedeva una fattoria di circa 60 ettari dove allevava 80 mucche con l’aiuto di tre dipendenti.

Produceva a stento 500 litri di latte al giorno, ma il suo obiettivo era arrivare a 1000 litri.

La storia di Loyda racconta un’esperienza di sviluppo in un contesto difficile di cui si giova un’intera comunità.

Il progetto di cooperazione FAO-SSC

Il suo caso poteva rientrare nel FAO-China South-South Cooperation Programme (SSC) che sostiene gli obiettivi di sviluppo agricolo. I progetti FAO-SSC operano attualmente in venti Paesi.

Il progetto FAO-SSC ha inviato in Uganda oltre 40 esperti agricoli cinesi a lavorare con gli agricoltori locali e le comunità rurali.

Dopo aver studiato a fondo il funzionamento della fattoria, gli esperti hanno consigliato a Loyda di piantare varietà di erbe e mais che hanno una resa più elevata durante la stagione delle piogge.

Le hanno fornito i semi di erba di Napier o erba elefantina (una graminacea originaria dell’Africa subsahariana che può essere usata come foraggera, per controllare la crescita delle erbe infestanti, come fonte di biomassa cellulosica per la produzione di bioetanolo e biogas), le hanno insegnato come produrre l’insilato (un alimento per il bestiame ottenuto con una tecnica particolare che, se opportunamente conservato, può durare anche due anni) e le hanno fornito un trinciaerba per facilitare il lavoro.

Nel periodo della siccità, Loyda ha alimentato le mucche con l’insilato e la produzione giornaliera di latte è aumentata (da sette a 35-40 litri).

Oggi la fattoria ha più di 200 mucche che producono più di 1.500 litri di latte al giorno, Loyda ha acquistato altri 12 ettari di terra e ha assunto dodici dipendenti, ma vuole espandere ulteriormente l’attività per produrre e vendere yogurt e formaggi.

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