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UE, no all’import di prodotti da terreni deforestati

Il Parlamento Europeo ha approvato una legge che proibisce la vendita nell’UE di prodotti provenienti da terreni deforestati. I cittadini europei sono complici inconsapevoli di un disastro ambientale: in 30 anni sono stati deforestati oltre 420 milioni di ettari di terreni per far posto a coltivazioni agricole

Foto di Rosina Kaiser da Pixabay

420 milioni di ettari di terreni deforestati in 30 anni

(Rinnobaili.it) – No alla vendita nei Paesi UE di prodotti provenienti da terreni deforestati. Il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva una legge secondo la quale le aziende potranno vendere nei Paesi comunitari solo prodotti per i quali il fornitore garantisca il rispetto dell’ambiente.

Il testo, votato insieme ad altri provvedimenti, fa parte del pacchetto Fit for 55% (proposte che aggiornano la normativa UE affinché sia in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento Europeo) per rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050.

Per avere un’idea delle dimensioni del problema, la FAO ha stimato che tra il 1990 e il 2020 sarebbero stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni per convertirli a uso agricolo: una superficie più grande di quella dell’UE.

Oltre due terzi della deforestazione è servita a coltivare olio di palma e soia; i consumi dell’UE sono responsabili di circa il 10% della deforestazione globale.

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Il perché di una posizione drastica

Gli scaffali dei supermercati europei sono pieni di prodotti che hanno danneggiato gli ecosistemi, a cominciare dalle foreste. In questo caso, inoltre, si tratta di prodotti che non solo distruggono l’ambiente ma privano le popolazioni indigene dei loro mezzi di sussistenza.

I cittadini europei, tuttavia, fino ad ora non sapevano di essere complici di un danno ambientale e umano. La nuova normativa vuole aumentarne la consapevolezza affinché sappiano se il loro cioccolato o il loro caffè sono stati coltivati in terreni deforestati.

La nuova legge, importante per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, ha un altro importante merito: consente di approfondire le relazioni commerciali con paesi che condividono i valori e le ambizioni ambientali dell’Unione Europea.

La due diligence richiesta al fornitore

In pratica, al fornitore è richiesta una dichiarazione di due diligence.

La cosiddetta diligenza dovuta riguarda le informazioni complessive sulle attività di un’azienda. In questo caso particolare attestano che i comportamenti e le attività siano state svolte nel rispetto dell’ambiente.

L’importatore – responsabile della propria catena di approvvigionamento – deve documentare l’origine delle merci. Nello specifico deve dichiarare che il prodotto non proviene da terreni deforestati e non ha contribuito al degrado delle foreste (comprese le foreste primarie insostituibili, cioè quelle composte da specie autoctone dove non c’è traccia di attività umane. Sono fondamentali serbatoi di biodiversità e forniscono molti servizi ecosistemici) dopo il 31 dicembre 2020.

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Inoltre, il Parlamento chiede alle imprese di verificare anche la conformità in materia di diritti umani, compresi quelli delle popolazioni indigene.

Per l’operatore o il commerciante che violino le nuove regole è prevista una sanzione massima pari ad almeno il 4% del suo fatturato annuo totale nell’UE.

Tutti d’accordo? Ovviamente no, e si stanno manifestando molte resistenze. Ad esempio, Indonesia e Malesia che sono i maggiori esportatori mondiali di olio di palma accusano l’UE di tagliarli fuori dal mercato (l’UE è il terzo importatore mondiale di olio di palma) e minacciano di interrompere le esportazioni.

I prodotti interessati dalla nuova normativa

Il Parlamento ha approvato il regolamento con 552 voti favorevoli, 44 contrari e 43 astenuti.

La nuova normativa riguarda tra l’altro capi di bestiame, cacao, caffè, olio di palma, soia e legno, compresi i prodotti che contengono, sono stati alimentati o sono stati prodotti utilizzando questi prodotti (ad esempio cuoio, cioccolato o mobili, come da proposta originale della Commissione).

I deputati hanno fatto includere anche gomma, carbone, prodotti di carta stampata e alcuni derivati dall’olio di palma.

Il Parlamento Europeo ha chiesto anche di «ampliare la definizione di degrado forestale, che ora include la conversione delle foreste primarie o rigenerate naturalmente in piantagioni forestali o in altri terreni boschivi».

I controlli per scoprire i terreni deforestati

Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del nuovo regolamento spetterà alla Commissione classificare i paesi in base al rischio, sulla base di una valutazione obiettiva trasparente; per i paesi a basso rischio la procedura di due dilegence è semplificata.

La percentuale di controlli sugli operatori cambia in base al livello di rischio: 9% (paesi ad alto rischio), 3% (rischio standard) e 1% (basso rischio).

Le misure per ostacolare la crescita di terreni deforestati sono molto precise. Oltre ad accedere alle informazioni fornite dalla società, le autorità UE effettueranno monitoraggi via satellite e analisi del DNA per verificare la provenienza dei prodotti.

Il Parlamento ha approvato il regolamento con 552 voti favorevoli, 44 contrari e 43 astenuti.

Perché la nuova legge diventi operativa il Consiglio dovrà approvarne il testo. Entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea. A quel punto sarà applicabile in tutti i Paesi membri.

Se la legge diventasse operativa, dopo due anni la Commissione valuterà se allargare i vincoli ad altri prodotti come il mais e ad altri ecosistemi fondamentai per la biodiversità e lo stoccaggio di carbonio come le torbiere.