Stop pesticidi, pratiche sostenibili, no al modello GDO, diritti sono la chiave per la transizione ecologica del sistema alimentare
(Rinnovabili.it) – Basta chimica in agricoltura. Anche oltre gli obiettivi della Farm to Fork. Via i fondi Pac agli allevamenti intensivi (e per i loro prodotti etichetta obbligatoria e chiara). Vietare le pratiche sleali della grande distribuzione che soffocano l’agrifood. E ancora: tutelare il diritto di chi coltiva a riprodurre e scambiare le sementi, bastione della sovranità alimentare, occhio di riguardo per i diritti degli agricoltori e incentivi per il necessario ricambio generazionale.
Sono alcune delle proposte avanzate dall’associazione Terra! in un rapporto-manifesto dedicato alla transizione ecologica del sistema alimentare. Punto cardine da cui partire per impostare tutta la torsione verde di un’Italia che guarda ai fondi del Recovery per ripartire.
“L’agricoltura è il settore più esposto agli effetti del cambiamento climatico, ma anche tra i principali responsabili della crisi”, scrivono gli autori del dossier “12 passi per la terra (e il clima)”. Motivo per cui bisogna ripartire dalla terra per affrontare la crisi ecologica in atto e non vanificare l’opportunità che si è aperta – in modo drammatico – con la pandemia.
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Il rapporto passa in rassegna le debolezze del sistema alimentare italiano provando ad andare al di là della semplice narrativa sul made in Italy. “Abbiamo voluto dare un quadro della crisi che oggi affligge l’agricoltura italiana, ma anche delle potenziali soluzioni – dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra! – Questo lavoro evidenzia come la transizione ecologica non si possa affidare unicamente alla tecnologia ma serva un lavoro trasversale di politiche ambientali, economiche e sociali che riformi in profondità il sistema alimentare”.
Il primo consiglio di Terra! è tenere vivo il suolo. Che ha un ruolo fondamentale nell’assorbire CO2 dall’atmosfera e mitigare l’impatto del cambiamento climatico. Fondamentale è quindi non consumarlo, mentre una gestione sostenibile dei terreni – soprattutto con l’impiego di tecniche agricole non invasive – ne migliora la capacità di sequestrare anidride carbonica. Da ripensare anche l’allevamento, quello industriale. La zootecnia è responsabile dei 2/3 delle emissioni di tutto il comparto agricolo. Occhio soprattutto ai bovini, dove l’Italia è sesta in Europa per numero di capi e ne tiene il 75% in allevamenti intensivi. Come fare? Una moratoria, chiudere progressivamente gli allevamenti industriali, ma intanto indicare chiaramente in etichetta da dove proviene la bistecca che stiamo comprando.
L’Italia è anche al terzo posto in Europa per uso di pesticidi. Qui non basta seguire le indicazioni della strategia Farm to Fork, che impone di dimezzarne l’impiego. Per Terra! questo si traduce semplicemente nell’aggiornare il Piano nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Mentre va cambiato il modello, promuovendo alternative alla chimica non inquinanti e pericolose per la salute. Anche le api, tutti gli impollinatori e quindi la biodiversità della penisola ringrazieranno. E pure noi, visto che il 30% del cibo che consumiamo dipende direttamente dall’impollinazione degli insetti e la loro opera influenza a livello qualitativo e quantitativo oltre il 70% delle colture.
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Molti punti toccati nel dossier riguardano gli aspetti più legati ai diritti e al sociale. Aspetti tutt’altro che secondari nella transizione ecologica del sistema alimentare. I fronti sono molti. Garantire il diritto di riprodurre le sementi (e quindi contrastare la standardizzazione dei prodotti e la riduzione della varietà) è un tassello importante, visto che più i sistemi agricoli sono complessi e diversi al loro interno, più sono resilienti. Passando per il contrasto allo strapotere della GDO, che tende a piegare a una logica di profitto estremo e standardizzante l’intera filiera.
E ancora. Garantire contratti regolari e diritti ai lavoratori agricoli. Investire nel ricambio generazionale a partire dai bandi sulle terre pubbliche. Orientare la produzione alimentare al mercato interno promuovendo politiche locali del cibo ed evitando i trattati internazionali di liberalizzazione commerciale. Abolire il calibro dei prodotti agricoli per evitare spreco e perdite alimentari. Affrontare le diseguaglianze climatiche investendo particolarmente nella conversione agroecologica del Mezzogiorno.
Tutto questo, facendo attenzione a non approfittare di false scorciatoie. “Non basteranno pannelli solari sulle stalle o progetti più o meno speculativi sul biometano. Ci sono problemi di fondo nelle nostre filiere che le misure contenute nel PNRR e la nuova PAC non stanno affrontando. Con i 12 passi lanciamo una proposta d’azione per la politica, gli agricoltori e la società civile, prima che sia troppo tardi”, conclude Ciconte.