(Rinnovabili.it) – Le TEA (tecniche di evoluzione assistita) sono all’origine di un dibattito infinito e al momento difficilmente risolvibile, perché le posizioni sono estremamente divergenti.
Le sfide spiazzanti del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico pone alle imprese agricole delle sfide ogni giorno più spiazzanti: mentre parlavamo di siccità ci siamo trovati con un clima talmente piovoso che sta facendo marcire le radici di alcuni tipi di colture.
I cambiamenti climatici, con i suoi fenomeni estremi e il rialzo delle temperature, espongono le colture all’aggressione di insetti nocivi e nuove patologie.
C’è quindi una valutazione economica e sociale che preoccupa molto gli agricoltori, che in alcuni casi sono addirittura tentati di interrompere le coltivazioni. Una scelta estrema che avrebbe un impatto grave sia sui territori che sulla sicurezza alimentare.
In questo scenario, le politiche agricole europee spingono verso standard di sostenibilità ambientale sempre più alti.
Alle perplessità degli ambientalisti si contrappongono le posizioni degli agricoltori, sostenuti da una parte del mondo scientifico che insiste nel sottolineare che le TEA sono diverse dagli OGM (vietati in Italia, che introducono nella pianta materiale genetico estraneo).
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Sperimentazione TEA in campo fino al 2024
Un emendamento al decreto siccità, approvato all’unanimità dalle Commissioni VIII e IX del Senato, permetterà la sperimentazione in campo delle TEA fino alla fine del 2024: senza questa, dicono i ricercatori, non sarà possibile capire se le TEA funzionano o no.
Vittoria Brambilla, biotecnologa e ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università degli Studi di Milano e Riccardo Velasco, direttore del Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia del CREA, sostengono che nel mondo agricolo il consenso verso le TEA sia molto alto, specie da parte dei più giovani, mentre i meno giovani sono più perplessi.
Entrambi stanno conducendo sperimentazioni rispettivamente sul riso e sulla vite con ottimi risultati, pur precisando che le TEA non sono adatte a tutte le colture.
Cina, Stati Uniti, Brasile e Argentina lavorano da anni sulle TEA, ma non è che questo ci conforti granché visto che si tratta di Paesi che hanno sistemi di coltivazione e vincoli ambientali e di salute molto diversi da quelli europei e italiani.
Ora l’UE sembra manifestare segni di apertura verso le TEA, ritenendole funzionali al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale del Green Deal e della strategia Farm to Fork.
L’europarlamentare Herbert Dorfmann ha affermato che per le TEA (che intervengono su una parte ridotta del genoma) non è previsto brevetto, quindi le varietà potranno essere utilizzate per incroci e per il miglioramento genetico classico. L’eventuale tracciabilità dovrà essere non sul prodotto finale ma sulla pianta o sul sacco delle sementi, diversamente dai derivati dell’ingegneria genetica.
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Due fronti opposti
Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, nel corso di un convegno sulle TEA ha sottolineato quanto la sua associazione creda nell’innovazione e nella tecnologia in agricoltura e si augura che si faccia chiarezza prima possibile: «Abbiamo poco tempo per approvare la proposta di regolamento sulle tecniche genomiche che la Commissione UE presenterà il prossimo 5 luglio. Il Parlamento europeo e il Consiglio UE devono lavorare in stretta collaborazione per arrivare a una codecisione entro i primi mesi del 2024, altrimenti si rischia di bloccare l’iter del dossier.
La campagna elettorale europea del prossimo anno ritarderebbe infatti la procedura di adozione posticipandola al 2025, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero per la produttività e la competitività dell’agricoltura italiana».
Di tutt’altro avviso le associazioni della Coalizione Italia libera degli OGM, in cui rientrano anche Assobio, Slow food Italia e AIAB. Ad un giorno dal voto di fiducia alla Camera per il Ddl Siccità, le 36 realtà della Coalizione hanno sottolineato ancora una volta le contraddizioni del Governo. “Da una parte si dice di voler difendere l’agricoltura nazionale e il ‘Made in Italy’ e dall’altra si liberalizza la sperimentazione in campo di colture create artificialmente in laboratorio. Tutto questo solo per tutelare particolari interessi economici che attraverso i nuovi OGM vogliono rafforzare il loro controllo e potere sulle filiere agroalimentari del nostro Paese, ignorando il grave danno economico che questo provvedimento porterebbe alle filiere biologiche, a quelle convenzionali e all’industria sementiera stessa”.