Un gruppo di ricercatori statunitensi ha condotto uno studio sul cibo spazzatura, che rappresenta il 15% di tutte le calorie consumate negli Stati Uniti. Visto il suo impatto negativo sulla salute delle persone, tassarlo potrebbe limitare i danni?
Come scoraggiare il consumo di prodotti processati
Il cibo spazzatura costituisce il 15% di tutte le calorie consumate negli Stati Uniti: il suo impatto sulla salute delle persone è enorme. Tassarlo ne scoraggerebbe il consumo?
Con il termine cibo spazzatura si fa riferimento ad alimenti con un basso valore nutrizionale ma ricchi di grassi, zuccheri o sale. Di solito si tratta di snack, merendine, salse; può essere sia dolce che salato, ma il cibo spazzatura è sempre molto processato e non è certo un toccasana per la salute.
Il cibo spazzatura è un attentato alla salute
I nutrizionisti hanno da tempo riconosciuto che una dieta non salutare deriva dal consumo eccessivo e abituale di cibo spazzatura. La tesi è confermata anche dal gruppo di ricerca della New York University School of Global Public Health e della Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University in uno studio pubblicato nella rivista scientifica “Milbank Quarterly”.
Da tempo si discute del fatto che il cibo spazzatura sia un vero e proprio attentato alla salute pubblica, eppure non è stata ancora individuata una linea d’azione organica e uniforme a livello politico.
Qualcuno ha proposto di tassare il cibo spazzatura: il prezzo più alto dovrebbe scoraggiarne il consumo e con le maggiori entrate si potrebbero mettere a punto dei programmi per migliorare l’alimentazione – e quindi la salute – delle fasce più bisognose della popolazione.
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Alcuni Paesi tassano il cibo spazzatura
Tassare il cibo spazzatura è una pratica in uso in diversi paesi, ma non negli Stati Uniti. La ricerca cita come esempio l’Ungheria, dove questa politica ha portato a mangiare meno junk food e ad essere più consapevoli della qualità del cibo. In più ha indotto i produttori a riformulare i prodotti e diminuendo le dosi di grassi, zuccheri e sale.
Negli Stati Uniti non esiste un filo comune: il governo federale, quelli statali o quelli locali seguono regole diverse nel valutare il junk food. Difficile quindi che si prendano decisioni condivise, come dimostra l’analisi svolta dai ricercatori.
Sono diversi perfino i criteri che definiscono gli alimenti secondo categorie di prodotti (ad esempio caramelle, patatine), trasformazione (ad esempio conservanti aggiunti), luogo di preparazione o vendita (ad esempio fatto in casa, mercato degli agricoltori, distributore automatico), nutrienti (ad esempio livelli di sale, grassi saturi o zucchero o calorie) e dimensioni della porzione.
La responsabilità delle aziende
Le politiche hanno fatto una distinzione tra alimenti di base e non. Ad esempio, il pane è generalmente escluso dal gruppo degli alimenti processati o snack, in quanto è considerato un alimento base; invece i dolci e le patatine sono considerati alimenti non di base.
Non esiste comunque nessuna legge che chiarisca quali siano i cibi da tassare. I ricercatori suggeriscono una soluzione diversa dal tassare solo il prodotto, e quindi colpire esclusivamente le tasche dei consumatori.
Se fossero tassate le aziende che producono cibo spazzatura, queste sarebbero stimolate a riformulare i loro prodotti in chiave più salutare.