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Sussidi PAC, l’80% aiuta prodotti ad alta intensità di emissioni

Sussidi PAC: l’80% va a prodotti animali ad alta intensità emissiva
Foto di Arisa Chattasa su Unsplash

Carne e latticini vengono sussidiati due volte, se si includono i mangimi animali

(Rinnovabili.it) – Ogni anno l’Unione Europea sborsa 57 miliardi di euro per aiutare l’agricoltura e l’allevamento attraverso la politica agricola comune. In teoria circa il 25% del totale è vincolato ad azioni che migliorano gli ecosistemi e riducono l’impatto sul clima. Questa, almeno, è la stima ufficiale di Bruxelles (destinata a scendere dopo le recenti “semplificazioni” sull’onda delle proteste dei trattori). Ma in realtà, ben l’80% dei sussidi PAC sostiene prodotti animali ad alta intensità di emissioni.

“Questi prodotti determinano in modo schiacciante le emissioni di gas serra legate agli alimenti nell’UE, la perdita di biodiversità, il consumo di acqua, l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento dell’acqua e altro ancora”, spiegano gli autori di uno studio pubblicato su Nature Food.

Dove finiscono davvero i sussidi PAC?

Dei 57 miliardi l’anno, circa 46 miliardi sostengono la produzione di carne vaccina, pollame, carne suina, uova e derivati del latte. Per arrivare a questa cifra, i ricercatori dell’università di Leiden, in Olanda, hanno tracciato sia i sussidi PAC che vanno direttamente all’allevamento, sia quelli che supportano indirettamente il settore perché supportano la produzione di mangimi animali. In questo modo, in pratica i prodotti animali ad alta intensità emissiva vengono sussidiati due volte.

“Ad esempio, un agricoltore francese che coltiva grano per mangime per suini o polli riceverà un sussidio per quel grano oltre al sussidio ricevuto da un allevatore danese che importa quel mangime. Su questa base, dimostriamo che il sostegno della PAC quasi raddoppia per gli alimenti di origine animale. Ad esempio, i sussidi PAC per la carne bovina aumentano da 0,71 €/kg a 1,42 €/kg una volta incluso il mangime, spiegano i ricercatori.

Il risultato? Una distorsione artificiale del mercato che rende più difficile – meno economicamente conveniente – passare a diete più calibrate su alimenti di origine vegetale. Nei negozi e sugli scaffali dei supermercati, la carne ci viene venduta a un prezzo nettamente inferiore di quello che dovrebbe avere. E frutta e verdura diventano relativamente più cari. Orientando così le nostre scelte.

Che hanno poi un forte impatto su clima e ambiente. Secondo una recente ricerca dell’università di Oxford, chi sceglie di mangiare meno carne, pur senza rinunciarvi del tutto, ha nel complesso un’impronta climatica e ambientale che vale la metà di chi mangia in media più di 100 grammi di carne al giorno, tutti i giorni. I vegani hanno un impatto più basso del 75%. Per l’IPCC, passare a stili di vita sostenibili può tagliare fino al 70% delle emissioni globali e la voce più significativa è proprio il passaggio a diete più ricche di alimenti vegetali.

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