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L’industria della carne usa la disinformazione contro gli stili di vita sostenibili

Stili di vita sostenibili: l’industria della carne controlla la nostra dieta

Foto di Alex Bayev su Unsplash

Stili di vita sostenibili: l’industria della carne controlla la nostra dieta
Foto di Alex Bayev su Unsplash

Le nostre resistenze ad adottare stili di vita sostenibili sono sempre più manipolate volontariamente

(Rinnovabili.it) – L’ultimo rapporto dell’IPCC ha ribadito che cambiamenti negli stili di vita sostenibili e soprattutto nelle diete possono avere un impatto positivo enorme sul clima. Tra le riduzioni delle emissioni di metano associate all’allevamento, meno deforestazione e minor impatto in termini di cambio d’uso dei suoli, le diete a minor contenuto di carne hanno un alto potenziale di mitigazione del riscaldamento globale.

Passare a una dieta vegana può eliminare 8 mld t CO2 eq (GtCO2eq) entro il 2050, più di 2,5 volte quelle generate dall’UE in un anno. Quella vegetariana ne toglierebbe 6, ma anche solo limitare i consumi di carne, latticini e zuccheri eviterebbe 4,5 GtCO2eq.

Ma come ogni cambiamento sociale profondo, anche questo ha la sua inerzia. Non del tutto “naturale”: le nostre resistenze ad adottare stili di vita sostenibili sono sempre più manipolate volontariamente. Attraverso campagne di cattiva informazione e disinformazione. Che partono dall’industria della carne.

Cosa frena il passaggio a stili di vita sostenibili?

A mettere in luce le strategie dell’industria della carne ci prova un rapporto di Freedom Food Alliance, 120 pagine dove vengono identificate le principali strategie di disinformazione e si portano molti esempi di campagne condotte negli anni per frenare il passaggio verso stili di vita sostenibili.

“C’è uno sforzo multimilionario da parte dell’industria e dei suoi alleati per rallentare il passaggio dagli alimenti di origine animale a quelli di origine vegetale”, afferma il rapporto. “Mentre alcune strategie ricalcano quelle utilizzate in altri importanti settori come petrolio e gas, plastica, tabacco, ecc., esistono anche alcune tattiche uniche specifiche per il settore alimentare”.

C’è la tattica del negazionismo puro e semplice. Che a differenza di quanto accade con la disinformazione sul clima, nel caso del cibo funziona ancora benissimo. La narrativa secondo cui il metano generato per fermentazione enterica dai capi di allevamento sia perfettamente inserito in un ciclo “net zero” viene ancora propagandata con successo.

Ci sono poi le strategie di dirottamento e ritardanti, anche queste in comune con la disinformazione sul clima. Si mette in dubbio il consenso scientifico, si assume che serva più tempo per avere certezze ed elaborare politiche consequenziali, e via di questo passo. “Dichiarare di preoccuparsi della sicurezza alimentare locale per cui non dovrebbero aver luogo cambiamenti nel sistema alimentare, e non riconoscere il ruolo degli alimenti di origine animale nell’insicurezza alimentare, è una tattica comune di ritardo”, sottolinea il rapporto.

Altre strategie ampiamente usate dall’industria della carne, dai lobbisti collegati ad esse e da alcune delle associazioni di categoria virano, invece, sul deflettere e distrarre il dibattito pubblico. Per chi le adotta, “qualsiasi appello a migliorare il nostro sistema alimentare è una distrazione dall’affrontare la questione dei combustibili fossili”, come se le due strade non potessero procedere in parallelo.

Oppure si concentrano sulle “potenziali perdite di posti di lavoro che una transizione dall’agricoltura animale potrebbe comportare, anche se potrebbe aumentare in gran parte i posti di lavoro e aiutare l’economia, distogliendo così l’attenzione dalla questione centrale della sostenibilità ambientale”, sottolinea il rapporto. “Un’altra distrazione comune è lo scambio di mangimi, come le alghe somministrate al bestiame, che hanno qualche utilità minore ma sono principalmente una distrazione”, si legge ancora nel documento.

Tutte strategie, specifica il rapporto, che sono soggette alla cosiddetta “legge di Brandolini” e sono quindi difficili da contrastare efficacemente. Cosa dice questa legge? “La quantità di energia necessaria per confutare una cavolata è un ordine di grandezza maggiore di quella necessaria per produrla”. Tradotto: chi deve contrastare la disinformazione è costretto a uno sforzo enorme.

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