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Spreco e qualità, cosa dicono le etichette?

Secondo Coldiretti, con il giusto obiettivo di ridurre lo spreco alimentare, le nuove regole europee sulle etichette rischierebbero di dare un taglio alla qualità di cibi che con il tempo tendono a perdere le caratteristiche nutrizionali e di gusto. La tutela della qualità e la salute dei consumatori devono essere al primo posto

Etichetta EcoScore: uno standard europeo per l’impatto ambientale delle merci
Foto di Kevin Phillips da Pixabay

(Rinnovabili.it) – La riflessione sulle etichette continua. Come abbiamo già segnalato, la Commissione Europea ha avviato una consultazione pubblica per chiedere ai consumatori la loro opinione sulle etichette presenti sulle confezioni degli alimenti ed eventualmente apportare gli opportuni cambiamenti.

Ora ci si trova a un altro bivio. Con il giusto obiettivo di ridurre lo spreco alimentare, le nuove regole europee rischierebbero di dare un taglio alla qualità di cibi che con il tempo tendono a perdere le caratteristiche nutrizionali e di gusto, avverte Coldiretti.

I termini di scadenza

Tra gli obiettivi della consultazione pubblica c’è anche la revisione delle indicazioni “da consumare entro” (data di scadenza) e “da consumarsi preferibilmente entro” (termine minimo di conservazione), che attualmente vanno riportate obbligatoriamente nelle etichette.

La discussione è proprio sul termine preferibile di consumo. L’indicazione è stata inserita in etichetta a garanzia dei consumatori «perché indica la data entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa».

Coldiretti rimarca quindi la differenza tra la limitazione degli sprechi e la sicurezza alimentare: la tutela della qualità e la salute dei consumatori devono essere al primo posto.

Nutriscore vs Nutrinform Battery

La consultazione chiede ai cittadini europei anche di esprimersi in merito all’etichettatura Nutrinform Battery (che informa sul contenuto di energia, grassi, zucchero e sale presenti in una porzione) vs Nutriscore (che prescinde dalle quantità effettivamente consumate e boccia a priori determinati alimenti).

A parte il fatto che Nutriscore ritiene dannosa la maggior parte dei prodotti di punta dell’agroalimentare italiano, resta la perplessità sulla valutazione dei principi nutrizionali: ad esempio, l’olio d’oliva ha il bollino rosso mentre hanno il bollino verde prodotti molto elaborati e ricchi di additivi artificiali di cui spesso non è chiara la ricetta.

Il tema è caldissimo, sia per quanto riguarda le ripercussioni sulla salute dei consumatori sia per le inevitabili ricadute economiche. Sta di fatto che si sta allargando il fronte dei perplessi nei confronti di etichette ritenute fuorvianti.

L’indicazione d’origine

Ma la discussione sulle etichette non finisce qui: la consultazione pubblica riguarda anche l’indicazione d’origine.

I cittadini europei sono quindi chiamati a dichiarare il loro interesse anche sulla provenienza dei prodotti impiegati come ingrediente di alimenti lavorati: ad esempio il latte nei prodotti lattiero-caseari, la carne presente nei cibi trasformati, il grano duro usato per la pasta, i pomodori usati per le salse.

L’Italia ha già introdotto decreti sull’indicazione obbligatoria della provenienza, ci auguriamo che l’Europa segua il nostro esempio.

Coldiretti, Campagna Amica e altre organizzazioni europee hanno raccolto 1,1 milioni di firme nell’ambito dell’iniziativa “Eat original! Unmask your food” per estendere l’obbligo di etichettatura con l’indicazione d’origine su tutti gli alimenti.

Infine, la consultazione riguarda anche le bevande alcoliche. Il problema non è tanto criminalizzare il bicchiere di vino che si beve al pasto in compagnia ma l’abuso, che è cosa completamente diversa e sicuramente nociva.