Un report di Feedback EU, a cui si accodano oltre 40 ong europee, chiede all’UE di fissare entro l’anno target vincolanti per limitare il fenomeno: almeno -50% entro il 2030, da applicare lungo tutta la catena. Gli sprechi nel campo sono il triplo di quelli sulla tavola
Ridurre lo spreco di cibo del 50% libererebbe 4,7 mln ha di terreni agricoli, oltre 1/3 della SAU dell’Italia
(Rinnovabili.it) – L’UE deve fissare degli obiettivi vincolanti sulla riduzione dello spreco di cibo, almeno del 50% entro il 2030, da applicare lungo l’intera catena dal campo alla tavola. Solo così potrà metter fine a un paradosso: l’Europa spreca più cibo di quanto ne importi ogni anno. Lo chiede un rapporto pubblicato oggi da Feedback EU, No Time to Waste.
Quanto è lo spreco di cibo in Europa? Il doppio di quanto si era calcolato fino ad ora, spiega l’ong. Che ha rifatto i conti rimodulando le statistiche ufficiali con dati più precisi sulla quantità di derrate che finiscono al macero direttamente nei campi, senza mai neppure entrare nella catena che li dovrebbe portare sulle nostre tavole. Lì si spreca tre volte più che sulle tavole degli europei. Numeri che ribaltano la prospettiva che, finora, Bruxelles aveva dato al problema.
“Finalmente vediamo crescere l’attenzione verso gli sprechi e le perdite alimentari a monte del consumo” dichiara a Rinnovabili.it Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra!. Un passaggio importante perché “accende una luce sul ruolo della grande distribuzione organizzata nello scartare prodotti perfettamente commestibili solo per ragioni estetiche”, spiega Ciconte: “La siccità di quest’anno ha causato una riduzione delle dimensioni dei frutti in aree di grande produzione agricola. Ma basta un centimetro di diametro in meno e i supermercati scartano il prodotto”. La soluzione, qui, non può limitarsi a fissare obiettivi di riduzione dello spreco di alimenti. “Questa logica va superata: la grande distribuzione deve smettere di escludere cibo commestibile dai suoi scaffali solo per ragioni cosmetiche, mentre il regolamento europeo 543/2011, che divide l’ortofrutta in categorie proprio in base a questi parametri dev’essere abolito. La discussione è in corso in Europa e una riforma dovrebbe arrivare entro il 2022: auspichiamo che preveda l’abolizione di questi standard”, conclude il direttore di Terra!.
Cosa minaccia davvero la sicurezza alimentare europea?
Nel 2021, quindi, l’UE ha sprecato 153,5 milioni di tonnellate di cibo. Ma nello stesso anno, le importazioni dall’estero di prodotti agricoli sono state 138 mln di t, per un costo complessivo di 150 miliardi di euro.
Sono cifre che dovrebbero far riflettere, soprattutto nella congiuntura attuale. Da quanto è iniziata la guerra in Ucraina, uno dei mantra a Bruxelles è la possibile mancanza di cibo. Il blocco dell’export di cereali da Kiev – causa blocco dei porti – e da Mosca – causa sanzioni – è stato presentato come una possibile catastrofe per la sicurezza alimentare europea.
Per questo, le organizzazioni dei coltivatori hanno convinto la Commissione a scardinare due principi cardine della già bistrattata nuova PAC, la politica agricola comune: via libera a coltivare ovunque, senza lasciare il 5% dei terreni incolti (greening), e ok a sospendere la rotazione delle colture.
In realtà gli eventi bellici avrebbero (e hanno) impattato quasi esclusivamente sulla zootecnia italiana, con una scarsità relativa di mangimi o un aumento dei loro prezzi. E alla luce delle cifre di Feedback EU, l’ambizione verde della PAC avrebbe potuto essere lasciata intatta agendo invece sullo spreco di cibo. Tanto più che limitare del 50% lo spreco permetterebbe di liberare 4,7 mln di ettari di terreni agricoli, più di 1/3 della superficie agricola utilizzata (SAU) in Italia.
43 ong contro lo spreco di cibo
È anche in questa cornice che si muove la richiesta a Bruxelles di limitare lo spreco di cibo con degli obiettivi vincolanti. Richiesta che arriva da 43 ong, provenienti da 20 diversi paesi europei, tra cui European Environment Bureau e Zero Waste Europe. L’obiettivo è fare pressione sulla Commissione, che entro quest’anno dovrebbe presentare la sua proposta sul food waste. Nel 2015 i Ventisette si sono già impegnati a dimezzare lo spreco di cibo per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu, ma senza risultati evidenti. Anche perché i target, per l’appunto, non sono vincolanti.
“È fondamentale che gli obiettivi includano i rifiuti delle aziende agricole, di trasformazione e di ristorazione: se l’UE limitasse gli obiettivi alla sola vendita al dettaglio e ai rifiuti alimentari dei consumatori, secondo il nostro rapporto verrebbe escluso il 48-76% dei rifiuti alimentari totali dell’UE, il che lascerebbe la maggior parte delle aziende che causano rifiuti alimentari nelle catene di approvvigionamento senza dover rendere conto della riduzione dei rifiuti alimentari”, spiega Frank Mechielsen di Feedback EU.