di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per la prima volta, ha indetto una Giornata internazionale della Consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari. Ogni anno, in tutto il mondo, un terzo del cibo prodotto per uso umano viene sprecato. Tradotto in numeri, uno sperpero di circa 16 miliardi di tonnellate. Un problema etico, senza dubbio, ma anche economico e ambientale che comporta lo smaltimento di questa immensa mole di rifiuti.
Nella sola Europa si stima che il 20% del cibo vada perso o sprecato, mentre milioni di persone non hanno accesso al cibo: una situazione inaccettabile che colpisce le persone più fragili. Per la commissaria europea la Salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides non ci sono scuse: «Dobbiamo riprogettare con urgenza i nostri sistemi alimentari. Quest’anno il Covid-19 ci ha costretto a ripensare il nostro modo di vivere e ad adattarci a nuove realtà, e ha dimostrato l’importanza di sistemi alimentari sostenibili, dalla terra alla tavola. Tutti dobbiamo impegnarci a lottare contro le perdite e gli sprechi alimentari».
Da uno studio di Coldiretti viene fuori un’Italia virtuosa: dopo l’emergenza Covid, il 54% degli italiani ha adottato varie strategie per diminuire o annullare gli sprechi alimentari. La prima, e forse la più banale, è quella di non buttare gli avanzi ma riproporli al pasto successivo, magari con qualche ritocco creativo; fare più attenzione alla data di scadenza (tenendo presente la differenza tra consumare entro o preferibilmente entro); comprare solo le quantità che servono di prodotti freschi anziché spedire nella pattumiera le eccedenze che inevitabilmente si rovinano.
La doggy bag, un imbarazzo immotivato
Uscendo dal ristorante, però, siamo molto meno virtuosi: solo il 34% circa dei clienti chiede di avere la doggy bag con il cibo avanzato, una pratica che all’estero è molto diffusa, a cominciare dagli Stati Uniti. Qualcuno ritiene che sia poco educato, qualcuno si vergogna di chiederla, invece gli stessi ristoratori ne sarebbero felicissimi: da un lato è un segno che il cibo che hanno servito è stato apprezzato, dall’altro avrebbero molta meno spazzatura da smaltire. Ormai esistono contenitori decorati in modo divertente come quelli di re-BOX che sembrano confezioni regalo: reFOOD è un contenitore completamente riciclabile per alimenti che può passare dal frigo al microonde, reWINE è un contenitore per portare a casa la bottiglia aperta ma non finita.
Bisogna fare una differenza tra perdite e sprechi: la perdita si verifica lungo la catena di approvvigionamento, ovvero dalla raccolta all’immissione in commercio, lo spreco avviene nelle fasi di vendita al dettaglio e consumo individuale. Secondo l’ultimo Rapporto FAO The State of Food and Agriculture 2019, circa il 14% viene perso tra la raccolta e la vendita. Quali sono gli anelli deboli di questa catena? Nelle aziende, a causa di pratiche errate; nei magazzini, a causa di stoccaggi inadeguati; nelle fasi di trasporto per l’inefficienza della logistica commerciale; nella vendita al dettaglio di prodotti che hanno tempi limitati di conservazione o che non soddisfano gli standard estetici richiesti dal consumatore; in casa, se si compra in eccedenza cibo che non si riuscirà a consumare.
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La mobilitazione dei grandi chef
Anche gli chef si sono mobilitati e hanno aderito alla campagna di Too good to go, un movimento che cerca di sensibilizzare persone, aziende, scuole e politica contro lo spreco alimentare. Carlo Cracco, ad esempio, ha sensibilizzato i suoi clienti in modo ironico ovvero impiattando la pizza con un terzo in meno. La presenza di chef stellati – hanno aderito, tra gli altri, Heinz Beck, Cristina Bowerman, Moreno Cedroni, Claudio Sadler – che hanno condiviso la propria ricetta antispreco fa capire come lo spreco sia da evitare in ogni contesto, dalla trattoria sotto casa al super ristorante. Ma ognuno di noi deve iniziare le pratiche virtuose nel proprio carrello della spesa e nel proprio frigorifero. Piccoli, grandi gesti quotidiani.