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Spreco alimentare, il cibo è un bene essenziale

spreco alimentare
via depositphotos.com

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Proviamo a riflettere sui dati della FAO relativi allo spreco alimentare in occasione della Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari.

Le ripercussioni sull’ambiente

A livello globale circa il 14% del cibo prodotto viene perso tra il raccolto e la vendita al dettaglio, mentre si stima che il 17% della produzione alimentare globale totale vada sprecato (11% nelle famiglie, 5% nella ristorazione e 2% nella vendita al dettaglio). In pratica ogni anno in casa si sprecano quasi 74 chili di cibo a testa. Questo mentre 3 miliardi di persone non hanno accesso a una dieta sana e 800 milioni vivono in una condizione di emergenza alimentare.

Dal punto di vista dell’agricoltura, i numeri dello spreco ci dicono che quasi 1,4 miliardi di ettari di superficie agricola sono usati per produrre cibo che nessuno mangerà.

Lo spreco alimentare rappresenta quindi un grave problema etico, ma anche un grave problema ambientale: un “abbinamento” di cui pochi sono consapevoli che contribuisce a rendere insostenibili i nostri sistemi alimentari.

Leggi anche FAO: 15 consigli per ridurre gli sprechi alimentari e divenire un Food hero

Se rapportiamo lo spreco alimentare all’impatto ambientale, il vice direttore generale della FAO Maurizio Martina sottolinea che «il cibo perso e sprecato rappresenta quasi il 40% del consumo totale di energia nel sistema alimentare e l’impronta di carbonio globale delle perdite e degli sprechi alimentari è di circa 4,4 gigatonnellate di anidride carbonica corrispondente all’8% delle emissioni totali».

Spreco alimentare = spreco di risorse

Sprecare cibo equivale a sprecare anche le risorse usate per produrlo – acqua, terra, lavoro, denaro – ed essere poi costretti a smaltirlo come rifiuto alimentando ulteriormente le emissioni di gas serra. Per questo è importante l’adozione di tecnologie e di sistemi innovativi di produzione, trasformazione e distribuzione del cibo che portano a una migliore gestione dei prodotti e alla riduzione di sprechi e di perdite.

Secondo i dati del primo Rapporto globale sulla relazione tra cibo e spreco di Waste Watcher – International Observatory on Food & Sustainability, tra gli otto Paesi analizzati l’Italia è uno dei più attenti allo spreco alimentare (nel 2020 -11,78% rispetto all’anno precedente) e alle abitudini sane. Tuttavia il problema esiste, ci sono ancora troppe dispersioni lungo l’intera filiera agroalimentare.

Agrinsieme, l’organizzazione che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari, ribadisce il contributo fondamentale delle aziende agricole e del Piano nazionale contro gli sprechi alimentari, che esiste già da qualche anno.

L’obiettivo dell’agricoltura è di produrre di più sprecando meno: nel 2050 sulla Terra ci saranno 10 miliardi di persone che avranno diritto a mangiare cibo sano. Trattandosi di un obiettivo globale, anche le strategie devono essere mondiali, attente a non sprecare risorse naturali ed energetiche e a preservare l’equilibrio ambientale.

Dagli slogan alla responsabilità operativa

È evidente la connessione tra lo spreco alimentare e il cambiamento climatico.  Abbiamo davanti nove anni per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2 (Porre fine alla fame), 12 (Modelli sostenibili di produzione e consumo) e 13 (Combattere i cambiamenti climatici) dell’Agenda 2030, quindi è ancora più urgente ridurre la perdita e lo spreco alimentare.

Non basta cambiare le modalità di approvvigionamento energetico, un vero cambiamento sarà apprezzabile solo se abbandoniamo gli slogan per passare a una responsabilità operativa. Non dobbiamo fare l’impossibile domani, ridurre lo spreco alimentare a cominciare dalle nostre case è un obiettivo raggiungibile oggi: «un viaggio di mille miglia inizia sempre con il primo passo».

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