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L’Agrifood punta su sostenibilità, tecnologia e innovazione

Scenari e prospettive delle imprese agroalimentari fra sostenibilità e innovazione

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) L’agrifood deve puntare su sostenibilità, tecnologia e innovazione. È quanto ritiene la maggioranza degli intervistati – più di 100 tra aziende e istituzioni – nell’indagine italiana effettuata nell’ambito del progetto di ricerca Fixing the Business of Food, svolto da UN Sustainable Development Solutions Network, Columbia University, Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition e Santa Chiara Lab dell’Università di Siena.

La ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha aperto l’evento “Scenari e prospettive delle imprese agroalimentari fra sostenibilità e innovazione” organizzato da Santa Chiara Lab con Sustainable Development Solutions Network (SDSN), Fondazione BCFN, Columbia Center on Sustainable Investment (CCSI) e con la partecipazione di Giovani di Confagricoltura – ANGA, ENEA, Commissariato Generale di Sezione dell’Italia per Expo 2020 Dubai e con il patrocinio di ASVIS. «La pandemia ha messo in crisi tante certezze. L’impatto della pandemia potrebbe allungarsi ancora, evidenziando le fragilità della filiera agroalimentare che possono essere contrastate solo con innovazione e ricerca.

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Proprio dall’agrifood può arrivare un contributo rilevante alla salute e alla sostenibilità sottoscrivendo un’alleanza strategica tra alimentazione e salute». Le nostre imprese hanno bisogno di essere accompagnate nella transizione tecnologica, specie quelle di piccole dimensioni, ancora impreparate. Donne e giovani hanno un ruolo strategico nell’innovazione – le aziende più innovative sono a guida femminile – e nel rilancio del settore agrifood. Lo sforzo per uscire dalla crisi deve essere corale: imprese, università, ricerca e consumatori alleati per trovare soluzioni sostenibili – le uniche possibili – per l’agroalimentare. Non dobbiamo diffidare della tecnologia: agricoltura di precisione, tracciabilità, nutraceutica sono le diverse facce di un’innovazione digitale e biotecnologica che aumenta la produzione, riduce le risorse impiegate e crea alimenti che migliorano la nostra dieta.

Il digitale è strategico anche in agricoltura

La tradizione non basta a stare sul mercato. Per anni siamo stati convinti della nostra grande biodiversità dimenticando di investire e innovare. La situazione attuale richiede azioni urgenti. Il Covid ha moltiplicato le debolezze della nostra società; le restrizioni alla mobilità hanno impattato su filiere che hanno cercato di adattarsi, messe in difficoltà anche dalla mancanza di connessione nelle aree rurali che ha inciso sui prezzi, sulla sicurezza e perfino sulla filiera corta.

È finito il tempo dell’immagine romantica del contadino con la zappa e dell’aratro con i buoi: il digitale è strategico per tutti gli attori della filiera, può mitigare il rischio di perdite alimentari ingenti, l’e-commerce ha aperto nuovi canali di vendita alle piccole imprese, i negozi di prossimità hanno ritrovato un senso nelle grandi città. La grande sfida, secondo Paola De Bernardi dell’Università di Torino, è la «transizione verso modelli di business circolari che consentirà l’accesso equo al cibo nutriente, ne ridurrà l’impronta di carbonio, trasformerà gli sprechi in risorse preziose e creerà nuove opportunità di sviluppo e crescita sostenibile».

Secondo la visione olistica One Health, salute umana, animale e ambientale sono strettamente interconnesse, come la pandemia di Covid-19 ha dimostrato. Quando parliamo di mancato accesso al cibo sano parliamo indirettamente anche di innovazione tecnologica e di sostenibilità. Come ha rilevato Marta Antonelli, direttore di ricerca di Fondazione BCFN, gli effetti di un’alimentazione scorretta sulla salute sono importanti: il 60% degli adulti è obeso o in sovrappeso (condizioni che predispongono a gravi patologie), come il 40% dei bambini.

Dati preoccupanti per l’impatto sul sistema sanitario attuale e futuro: i dati a livello globale parlano di 70% di decessi legati a malattie non trasmissibili, come ipertensione, malattie cardiovascolari, tumori. Patologie che si possono prevenire con una dieta bilanciata. Anche per questo preoccupa osservare il recente allontanamento dalla dieta mediterranea, le cui virtù sono riconosciute dagli esperti. Il progetto “Fixing the business of food”, a cui partecipa anche Barilla, si muove nel solco dell’Agenda 2030 dell’Onu con l’obiettivo di realizzare i 17 Obiettivi dell’Agenda per avviare una transizione equa e sostenibile in campo agroalimentare. 

La nutraceutica non è per pochi eletti

Non ha dubbi Paolo Bonaretti, vice presidente di Cluster Agrifood Nazionale: «L’agrifood è un pilastro del nostro sviluppo economico e industriale, ma è anche il settore dove si possono introdurre nuove tecniche in grado di razionalizzare la produzione, aumentarne la sicurezza e renderla più sostenibile. Dal punto di vista del consumatore, i vantaggi della tecnologia in campo agroalimentare sono importanti: la tracciabilità digitale e molecolare dei prodotti può contrastare le frodi e tutelare il Made in Italy». Cosa si intende per cibo buono? Le esigenze di oggi non sono quelle di una volta, possiamo modificare i cibi secondo le nuove conoscenze. La nutraceutica non è per pochi eletti, ricchi e maniaci degli integratori, è un sistema che si affianca a tutti gli interventi utili alla salute.

L’alimentazione è importante per realizzare un sistema di salute che protegga, prevenga e sostenga nelle patologie come nei processi rigenerativi. «Abbiamo fatto tanto per Dop, marchi, Made in Italy; possiamo fare di più per rendere il cibo italiano innovativo per i bisogni della salute. Un quadro in cui lo Stato deve essere di supporto non solo nel controllare le eventuali frodi, ma definendo regole chiare in cui si possano muovere gli operatori del settore agrifood».

L’emergenza Covid ha dimostrato la correlazione tra salute dell’uomo e salute del Pianeta. Per questo i nostri stili di vita sono così importanti, la stessa dieta mediterranea non è semplicemente un modo di alimentarsi, ma è un vero e proprio stile di vita. Il coinvolgimento dei diversi attori della filiera agrifood richiede un nuovo approccio culturale, auspica Massimo Iannetta dell’ENEA, che richiede una visione di lungo periodo in grado di coniugare innovazione tecnologica e organizzativa per tutta la filiera.

Il concetto di cibo sano per tutti ha ancora dei limiti dovuti ai prezzi più alti: la pandemia ha peggiorato la capacità di spesa delle famiglie, costrette a fare scelte in base alla convenienza anziché alla qualità. Bisogna insistere sulla tracciabilità dei prodotti, dare al consumatore un’evidenza oggettiva che ne confermi la salubrità e innovare i modelli di consumo in convergenza con il servizio sanitario: deve essere chiaro che mangiare bene ha un impatto positivo sulla sanità pubblica

Ritardare l’innovazione aumenta i costi

In Italia i costi di produzione restano alti non solo per il costo del lavoro, ma anche per il ritardo dell’innovazione, spiega l’agronoma Rosanna Zari. Oggi con satelliti, droni, sensori nei terreni, capannine meteo si fanno migliori concimazioni e si interviene con i trattamenti solo dove è necessario; si può ridurre l’impiego di fitofarmaci grazie a sostanze che aumentano le difese immunitarie della pianta, incroci di specie vegetali danno origine a piante più robuste, come la vite resistente a oidio e peronospora senza bisogno di trattamenti. La vera sfida è accompagnare gli imprenditori a servirsi di nuove tecnologie, a formarsi, ad essere coadiuvati da un consulente esperto.

Nel 2050 saremo 10 miliardi, dovremo produrre a basso costo più cibo e di qualità, con proprietà nutrizionali differenti; dovremo produrre limitando l’impatto su suolo, aria, acqua, utilizzando meno energia. Le piante dovranno sempre essere sempre più resistenti a siccità, salinità e cambiamenti climatici. Potremo farlo solo integrando i vari sistemi, grazie a ricerca e innovazione, agricoltura di precisione e genetica agraria. 

In pochi mesi abbiamo avuto un’accelerazione tecnologica che normalmente avrebbe richiesto dieci anni. Anche i giovani imprenditori agricoli 4.0 sono più veloci del legislatore: la formazione dell’imprenditore e del lavoratore è fondamentale, ma serve più innovazione.

Francesco Mastrandrea di Presidente di Anga, che rappresenta i Giovani di Confagricoltura, lancia un allarme. «La pandemia ha scatenato una corsa al cibo. Abbiamo prodotto e venduto bene, finché abbiamo capito che il vero problema è infrastrutturale: come si può vendere online se Internet non funziona? Come possiamo fare agricoltura di precisione in aree dove non c’è connessione? Dove si produce il 90% del cibo non arriva la connessione a banda larga o ultra larga, un’arretratezza che si traduce in perdite enormi per gli agricoltori. Vogliamo produrre di più e meglio per raggiungere l’autonomia alimentare? Senza innovazione, regolazione e connessione non sarà possibile». Solo a queste condizioni le filiere agroalimentari saranno resilienti di fronte a qualunque crisi. 

Cristiana Smurra racconta la visione etica della produzione che caratterizza Biosmurra, una piccola azienda agricola biosostenibile tutta al femminile che ha sede in Calabria. «GDO e mercato impongono di pensare che il prodotto debba essere perfetto, ma nella realtà non è così. Non c’è cibo sano senza innovazione, ma esistono anche strategie per stare sul mercato in modo etico. Per noi sono importanti le relazioni umane, la socialità». Per Cristiana Smurra fare agricoltura di qualità è un modo per realizzare concrete strategie politiche per la salvaguardia del Pianeta. Il profitto non è l’unico obiettivo, anche se è importante avere una stabilità che garantisca il giusto prezzo al produttore e a tutta la filiera.

Una rete internazionale di competenze multidisciplinari 

«Expo 2021 Dubai sarà il primo evento globale dopo la pandemia. Con PRIMA porteremo a Dubai le eccellenze italiane dell’agricoltura innovativa» ha detto Paolo Glisenti, commissario generale Italia per Expo Dubai. Una vetrina globale dove presentare progetti di valore sviluppati insieme da centri di ricerca e atenei del Mediterraneo, dimostrazione concreta dell’importanza di una visione multidisciplinare delle competenze che si muovono in una rete internazionale di collaborazione che promuove l’intero sistema agrifood.

Angelo Riccaboni, presidente di PRIMA, ha presentato la nuova sezione “Imprese e buone pratiche” di POI (PRIMA Observatory on Innovation), la piattaforma che monitora e divulga i risultati della ricerca, dell’innovazione e della formazione nell’agrifood italiano. «Un aiuto prezioso per promuovere il dialogo tra imprese, innovatori, centri di ricerca e istituzioni verso sistemi agroalimentari sostenibili». Nel chiudere l’incontro, Riccaboni ha ribadito l’importanza di tecnologia e innovazione per la sostenibilità in agricoltura. Ridurre il digital divide è la chiave per lo sviluppo delle aree rurali: la digitalizzazione attrae i giovani, senza Internet si rimane fuori dalla comunità, invece le imprese coese fanno più facilmente innovazione. È un momento decisivo anche per definire il ruolo regolatore dello Stato: se da un lato deve esercitare un ruolo di controllo deve anche creare le condizioni per facilitare il cambiamento.

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