La transizione dei sistemi alimentari è uno dei pilastri della politica verde dell’Unione Europea. Ognuno di noi può essere protagonista di questo cambiamento ma servono realismo, trasparenza e certezze per la salute. Ha senso puntare su alimenti coltivati in laboratorio se non sono alla portata di tutte le tasche perché il loro costo è troppo alto?
di Isabella Ceccarini
Diventare protagonisti della transizione dei sistemi alimentari
(Rinnovabili.it) – La transizione dei sistemi alimentari ha bisogno della partecipazione dei cittadini, resi consapevoli del loro ruolo nella conservazione della salute del Pianeta. A questo proposito, l’Unione Europea ha finanziato con 10 milioni in quattro anni il programma SWITCH per facilitare la transizione verso diete più sane e sostenibili.
SWITCH riunisce un consorzio di 21 tra imprese e università che hanno l’obiettivo di incoraggiare i cittadini europei ad adottare regimi alimentari più sostenibili. Il consorzio si impegna a trasmettere alle persone una più approfondita conoscenza dei sistemi alimentari e una giusta visione dell’innovazione come fattore di accelerazione verso la transizione verde.
Impariamo a conoscere i nostri sistemi alimentari
Per cambiare le abitudini alimentari dobbiamo avere sapere cosa mangiamo: la maggior parte delle persone invece non sa cosa mangia e soprattutto non conosce l’impatto dell’alimentazione sulla propria salute e su quella del Pianeta. Anche far sapere alle persone che mangiare ogni giorno cinque porzioni di frutta e verdura fa bene alla salute non vuol dire che poi tradurranno in pratica questa teoria.
Gli scienziati che fanno parte del programma SWITCH prenderanno in esame una serie di dati economici, ambientali, agricoli, sociologici, antropologici e di salute pubblica per comporre un quadro d’insieme delle abitudini alimentari dei cittadini europei. Al termine dell’indagine, svilupperanno tre applicazioni destinate ai cittadini, agli chef e ai responsabili politici per incoraggiarli a iniziare il cambiamento delle abitudini alimentari.
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Tutta colpa delle proteine animali?
Le proteine animali sono costantemente sul banco degli imputati. Gli allevamenti consumano suolo e acqua in quantità, e rappresentano circa il 15% delle emissioni di gas climalteranti nel mondo. Si sta sviluppando con sempre più forza l’idea di sostituirle con dei preparati di laboratorio che partono dalle cellule animali e che stanno originando un business miliardario.
Al di là di tutto non è ancora definito con assoluta chiarezza quale sia l’impatto di questi alimenti sulla salute delle persone. Ad esempio, non va trascurato il fatto che alla carne coltivata si aggiungono numerose sostanze (zucchero, sale, grassi, coloranti, esaltatori di sapore) per conferirle il sapore, il colore e la consistenza della carne. Altre perplessità nascono dal fatto che produrre la carne coltivata in laboratorio richiede un notevole consumo di energia.
Fatte le debite valutazioni, i ricercatori del Regno Unito ritengono che le proteine alternative, di qualunque tipo esse siano, sono più sane della carne rossa e possono diminuire l’impronta ambientale dei sistemi alimentari. Gli studi sono condotti finora su produzioni di piccola scala. Tuttavia ci sembrerebbe opportuno che prima delle valutazioni ambientali ed economiche fossero fatte quelle relative alla salute e alla sicurezza delle persone.
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Alimenti alternativi, per pochi ma non per tutti
Gli alimenti alternativi (tra i quali rientrano anche alghe, microrganismi e insetti) hanno ancora costi troppo alti, quindi sono per pochi ma non per tutti. L’impronta culturale del cibo rimane comunque molto forte, e questo produce una certa resistenza al cambiamento in generale e all’accettazione dei nuovi cibi in particolare.
Coltivare la carne in laboratorio non basta: il cibo deve essere distribuito a tutti, possibilmente senza sprechi (la FAO stima che un terzo del cibo prodotto nel mondo vada sprecato). Invece il grande paradosso dei sistemi alimentari è che nel mondo si produce abbastanza cibo, ma milioni di persone continuano a soffrire la fame.