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Sicurezza alimentare e strategie europee delineano il futuro

di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – Sicurezza alimentare, strategie europee e agricoltura sostenibile, tre temi cardine per la transizione dei sistemi alimentari verso una maggiore sostenibilità. Un interessante panel dal titolo “Sicurezza alimentare: PAC, Fit for 55 e Farm to Fork di fronte alla guerra e alla siccità” ha fatto parte di due giornate di riflessione sul tema “How can we govern Europe? Le nuove sfide dell’UE: unità e solidarietà per superare la guerra e la pandemia”.

Interrogarsi sul futuro

Le due giornate sono state organizzate da EU News, Green Economy Agency e Fondazione Art. 49 con il patrocino del Parlamento Europeo (Ufficio di collegamento in Italia) e Commissione Europea (Rappresentanza in Italia) per discutere i temi caldi sui tavoli europei come energia, economia circolare, sicurezza alimentare, infrastrutture, mobilità sostenibile, transizione verde e digitale, guerra in Ucraina.

L’agricoltura europea viene da tre anni più che drammatici in cui l’incrocio di pandemia, guerra ed effetti del cambiamento climatico ha pesato moltissimo sull’autonomia alimentare. A fronte di questo scenario, l’Europa vuole spingere l’acceleratore sulla sostenibilità. Cosa dovremo fare nei prossimi anni? Sarà possibile mantenere gli stessi livelli di produzione con un ricorso alla chimica inferiore a quello attuale?

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Sovranità alimentare e politiche europee

La sovranità alimentare sta creando tanto scandalo in Italia, ma in Francia il concetto è talmente chiaro che c’è perfino un ministero dedicato. La prima difesa dei prodotti italiani deve iniziare proprio in Europa, perché l’Italian Sounding esiste anche qui: le associazioni di categoria sono vere e proprie antenne sul territorio impegnate nella difesa dei prodotti e dei produttori ai quali le imitazioni creano un ingente danno economico e di reputazione.

Ma la sovranità alimentare può incidere in modo strategico sulle politiche europee? In questi tre anni lo scenario globale è cambiato, i rapporti di forza sono cambiati, non si può pensare di muoversi secondo le regole di prima senza pensare a quello che accade nel mondo: l’indipendenza delle forniture alimentari è importante?

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Garantire la sicurezza alimentare

Come ha sottolineato Luca De Carlo, presidente della Commissione industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, sovranità alimentarevuol dire essere in grado di garantire a tutti la sicurezza alimentare, ovvero l’accesso al cibo di qualità. Per molti anni l’Europa ha imposto di ridurre la produzione agricola per acquistare in altri paesi gli stessi prodotti a prezzi inferiori, senza pensare che i prezzi bassi sono lo specchio di sfruttamento dei lavoratori, mancato rispetto dei diritti umani, uso incontrollato di sostanze chimiche nocive che nell’UE sono vietate da tempo. Vale la pena ricordare che in fatto di qualità e di sostenibilità l’Italia vanta dei primati: è al primo posto in Europa e al sesto nel mondo. La sovranità, quindi, mette al centro la produzione italiana ma nello stesso tempo garantisce un alto standard in fatto di qualità e sicurezza alimentare.

Agricoltura e ambiente, due facce della stessa medaglia

Secondo De Carlo è un errore contrapporre agricoltura e ambiente perché sono due facce di una stessa medaglia. Non esiste un agricoltore che non rispetti l’ambiente, perché sa che un terreno sfruttato oggi sarà improduttivo domani.

Le strategie europee puntano a ridurre la produzione agricola: come sarà possibile nutrire in modo sano una popolazione che continua a crescere?

Ferma restando per De Carlo la bocciatura per il cibo sintetico, l’imperativo è valorizzare i nostri punti di forza.

L’Italia da sola non potrà mai essere autonoma dal punto di vista alimentare ma l’Europa unita potrà esserlo se punta a obiettivi condivisi con meno vincoli e più opportunità.

Foto di Hans da Pixabay

Valutazione d’impatto

L’intervento dell’eurodeputato Herbert Dorfmann della Commissione AGRI del Parlamento Europeo  è stato molto pragmatico. La sicurezza alimentare è legata alla Farm to Fork, che però la mette a rischio se la sua applicazione causa un calo della produzione. La strategia europea Farm to Fork, spiega Dorfmann, non è una legge. Per emanare regolamenti e direttive serve una valutazione d’impatto in materia di sicurezza alimentare e di disponibilità di prodotto.

A maggior ragione nel caso della Farm to Fork, concepita quando non era immaginabile quello che sta succedendo oggi a causa della pandemia prima e della guerra in Ucraina poi. Il vero problema è che la sicurezza alimentare è sparita dal dibattito politico mentre gli agricoltori devono nutrire 450 milioni di persone. E soprattutto manca una corretta informazione per educare il consumatore a un’alimentazione equilibrata: per Dorfmann quella veicolata da Nutriscore è frutto di una strategia sbagliata.

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Agrofarmaci e produzione agricola

Gli agrofarmaci sono un costo per gli agricoltori in termini economici e di impatto sulla loro salute, prima ancora che su quella dei consumatori. Tuttavia bisogna garantire la produzione: è impensabile ridurre queste sostanze senza disporre di prodotti alternativi ed efficaci, soprattutto in un momento difficile come questo. La sicurezza alimentare è importante, ma nutrire i cittadini è un compito prioritario di ogni Stato, sottolinea Dorfmann, che esterna alcune perplessità. Farm to Fork è troppo concentrata sulla sostenibilità ambientale, ma un’azienda deve essere sostenibile anche dal punto di vista economico e sociale; bisogna considerare la filiera alimentare nel suo insieme; il 25% di terreni coltivati a biologico è un obiettivo ambizioso, che però richiede un piano ben articolato altrimenti il calo della produzione sarà un problema.

Rispettare i tempi di adattamento della natura

Che dire poi delle tecniche di ibridazione genetica (non Ogm)? Farm to Fork ne cita l’esistenza, ma non sono espresse regole concrete per il loro utilizzo. Sul tema riflette invece Confagricoltura, come afferma Cristina Tinelli, responsabile dell’ufficio di Confagricoltura a Bruxelles. Il ragionamento è chiaro: bisogna mettere in parallelo quello che si toglie con quello che è necessario. Tutto si può fare, ma bisogna tenere presente che la natura ha i suoi tempi, non si può stravolgere un sistema agricolo senza lasciare alla natura un tempo di adattamento. L’uso di agrofarmaci, ad esempio, va diminuito in modo graduale, e soprattutto in presenza di alternative. Senza agrofarmaci si perde una parte del raccolto e quindi cala la produzione. Stando alle strategie europee dovremmo diminuire l’impiego di agrofarmaci del 62%, e poi?

Senza alternative gli agrofarmaci non si possono eliminare

È sbagliato elaborare una strategia uguale per tutti, bisogna tagliarla a misura delle singole realtà nazionali. Fino al 2019, ad esempio, l’Italia è stata in un certo senso la “prima della classe” quanto ad abbattimento dell’uso della chimica in agricoltura, ma gli ultimi tre anni sono stati devastanti.

Inoltre Tinelli evidenzia un altro problema: le aziende che producono agrofarmaci smettono di produrli e di fare ricerca se non hanno un mercato soddisfacente. È ovvio che gli agricoltori cercano di usarli il meno possibile – agricoltura 4.0 e agricoltura di precisione sono un valido aiuto per sistemi più sostenibili – ma senza alternative non si possono eliminare del tutto. Farm to Fork non è l’unica strategia europea, Biodiversità è ancora più restrittiva, per questo si impone una riflessione sulle conseguenze per la produzione agroalimentare.

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Come possono muoversi gli agricoltori in difficoltà? Possono ricorrere agli aiuti di Stato, ma la situazione cambia a seconda delle disponibilità di ogni nazione, e in questo i nostri agricoltori sono penalizzati. Perché invece non pensare a un sistema di aiuti europeo affinché non si creino disparità e anzi si agisca con una voce sola?

Il paradosso dell’Europa, che riduce i fitofarmaci e compra da chi li usa

Per Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, Farm to Fork non ha valutato l’impatto che la strategia europea avrebbe avuto sul sistema agricolo europeo: crollo della produzione da un lato e aumento dei prezzi dall’altro. Scordamaglia ha proposto un motivo di riflessione tutt’altro che banale. L’Europa – e l’Italia in particolare – è all’avanguardia in termini di sicurezza alimentare, con controlli strettissimi per quanto riguarda le sostanze usate durante e dopo le coltivazioni. Il paradosso è che l’Europa riduce ulteriormente i fitofarmaci, ma il resto del mondo no. Così quello che non produciamo più lo compriamo dal Sudamerica o da altri paesi dove non ci sono vincoli all’uso delle sostanze chimiche e i prezzi sono più bassi.

Qual è il risultato? Che i prodotti più trattati finiscono nel carrello delle famiglie più povere, che non badano all’eccellenza ma solo alla convenienza.

Foto di Franck Barske da Pixabay

Servirebbe maggiore flessibilità nei processi decisionali

Però qualcosa sta cambiando, avvisa Scordamaglia, sei mesi fa la strategia prevaleva su tutto mentre ora sembra di scorgere riflessioni diverse. Resta il fatto che all’interno del processo decisionale europeo serve maggiore flessibilità. Si è perso il 30% del suolo agricolo ed è avanzata la cementificazione. Bisogna restituire valore all’agricoltura anche dal punto di vista ambientale: pensiamo ad esempio al controllo del territorio fatto dagli agricoltori o all’energia generata dal digestato. Per Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, la soluzione ai problemi di sostenibilità alimentare non va ricercata negli alimenti sintetici. Vanno cercati strumenti diversi per contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico e contemporaneamente assicurare l’approvvigionamento alimentare.

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Si parla di cisgenesi e genome editing come sistemi alternativi all’uso della chimica per rafforzare le colture: bisogna agire a livello nazionale, il parlamento deve legiferare e assegnare fondi alla ricerca e alla sperimentazione, mentre da troppi anni si è disinvestito. L’agricoltura di precisione sicuramente è una risposta, ma è ancora poco applicata. Serve quindi un impegno per la divulgazione delle nuove tecniche di coltivazione ma soprattutto è indispensabile accompagnarla alla semplificazione delle procedure. Europa e Italia, insieme, possono fare tantissimo per cambiare il sistema agroalimentare e renderlo più sostenibile, ma senza una visione comune sarà un’utopia irrealizzabile.

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