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Salute, mangiamo prodotti contaminati senza saperlo

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I veleni nel piatto

(Rinnovabili.it) – Chi non dà importanza alla propria salute, al benessere e alla sicurezza alimentare? Allora è il momento di essere più attenti a quello che mangiamo perché sugli scaffali troviamo alimenti che consumiamo con una certa frequenza dal potenziale tossico.

Rigide regole per la sicurezza alimentare nell’UE

L’Unione Europea ha un uno dei più alti standard di sicurezza alimentare, anche grazie a una normativa molto severa. Tra gli strumenti utili per la sicurezza alimentare, l’UE ha istituito il sistema di allerta rapido per gli alimenti e i mangimi RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed).

Il RASFF permette lo scambio veloce di informazioni tra i Paesi membri affinché, in caso di rischi per la salute pubblica, si allertino rapidamente le autorità competenti in materia di sicurezza alimentare (c’è anche un servizio per le notifiche urgenti attivo h24). Risparmiare sul cibo non è mai una buona idea per la salute, avverte Coldiretti. Nello specifico, ha esaminato gli ultimi dati del RASFF e ne è emersa una lista di alimenti che sarebbe più prudente evitare in quanto contaminati da mercurio, aflatossine e pesticidi che superano i limiti consentiti per la salute.

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L’86% dei cibi pericolosi per la salute è importato

A conferma della qualità e della sicurezza dei cibi italiani, Coldiretti pone in evidenza il fatto che l’86% dei prodotti pericolosi per la salute (ovvero più di otto su dieci) è importato. Per la precisione, nel 2022 il RASFF ha rilevato 317 allarmi alimentari: 106 riguardavano prodotti importati da altri Stati dell’UE (33%), 167 alimenti provenivano da Paesi extracomunitari (53%) e 44 (14%) riguardavano prodotti di origine nazionale.

Chi tiene alla salute controlli l’origine dei fichi secchi (quelli turchi sono contaminati da aflatossine); il pollo polacco (salmonella); il pesce spagnolo (ricco di mercurio), cozze e vongole spagnole (che sommano salmonella ed escherichia coli).

L’aflatossina, epatotossica e cancerogena, è massicciamente presente anche nei pistacchi iraniani, turchi e statunitensi, come pure nelle erbe e nelle spezie che arrivano dall’India. I litchi cinesi hanno livelli di pesticidi superiori al consentito, mentre le ostriche francesi non mancano di norovirus. E non è che per le bevande vada meglio.

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La corsa al ribasso dei prezzi si sconta sui controlli

L’allerta del RASFF evidenzia che non si tratta di “piraterie alimentari” dei Paesi in via di sviluppo, perché non sono immuni alle irregolarità nemmeno i prodotti dei Paesi più ricchi.

La ragione va ricercata probabilmente nella globalizzazione degli scambi – ormai tutto arriva dappertutto – e in una competizione che spinge al ribasso dei prezzi, a tutto discapito dei controlli e della salute delle persone.

Anche i prodotti alimentari italiani sono imperfetti, ma meno di altri: secondo il Rapporto EFSA 2023 la media dei campioni esaminati evidenzia che nei prodotti importati i residui chimici irregolari sono presenti nel 6,4% dei casi, in quelli italiani tale livello scende allo 0,6%.

La soluzione non va ricercata negli allarmi indiscriminati che causano un crollo dei consumi per determinati prodotti ma nel potenziare la trasparenza. Quindi indicare con chiarezza in etichetta la provenienza degli alimenti.

«Tutti i prodotti che entrano nei confini italiani ed europei dovrebbero rispettare gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute», afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

Negli anni l’associazione ha condotto una battaglia per arrivare alla dichiarazione di origine di numerosi alimenti, ottenendo buoni risultati. Tuttavia ce ne sono ancora molti (ad esempio, succhi di frutta, marmellate, legumi in scatola, pane, biscotti) di cui non si conosce la provenienza.

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